“A Natale siamo tutti più buoni”: quanto ho odiato questa frase! Non so voi, ma negli anni ho sviluppato un’intolleranza per i luoghi comuni, le frasi fatte, i modi di dire. Evito di scriverli, evito di dirli. Ciononostante, il sospetto che – in modo banale e semplicistico – dicano la verità è sempre rimasto latente. Fino ad oggi.
C’è un altro sospetto che mi assilla da maggior tempo ancora. Quando diciamo Natale pensiamo alla famiglia, ai regali, alle luminarie, a Babbo Natale, alle renne e ad altre cose commestibili. Alcuni, con uno sforzo di memoria, pensano anche a Gesù, quel pargoletto nato “al freddo e al gelo” e celebrato solo da poveri pastorelli, un bue e un asinello. Ebbene, io credo che in tutto questo il problema siano proprio i pastori.
Il fatto è che
Quando pensiamo ai pastori, abbiamo in mente le pecore
Ficcatevelo bene in testa: la realtà non è così. Il pastore è più simile a un cane da guardia che a una pecora. Sta nei prati giorno e notte a sorvegliare tanti animali belanti che non fanno altro che mangiare, defecare, mangiare, defecare, nell’ansia che vengano divorati dai lupi, rubati o, peggio ancora, finiscano in qualche crepaccio, e allora addio lana e arrosticini!
Un pastore così, in un posto mica poi tanto bello come Betlemme, arriva a sera che ne ha piene le… balle (da qui il nome “palle di Natale”): torna a casa e trova le solite radici nel piatto, il figlio che ha marinato il pascolo, la moglie che ha bruciato il pane: altroché pecora, sto pastore diventa un leone!
Facciamo un passo indietro. Il pastore se ne sta sdraiato con la schiena appoggiata a un albero, gli occhi che guardano di qua e di là per captare il minimo pericolo, e pam! Si accende un occhio di bue nel cielo e, avvolto in una luce abbacinante, scende bello bello un angioletto che, senza far tanti giri di parole, gli dice che è nato Gesù il Salvatore.
Ancora meglio: sostituitevi al pastore: al posto dell’albero c’è la sedia del vostro ufficio, le pecore sono i colleghi, i lupi e i ladri i vostri superiori. Sono le cinque del pomeriggio, fuori è buio e voi contate i minuti che vi separano dall’uscita dal lavoro. A casa, vostra moglie, che nel frattempo è diventata vegana, vi aspetta con uno stufato di bacche di goji variegato al miglio alpino. Vostro figlio ha preso una C a scuola, e voi non sapete se sgridarlo o fargli i complimenti perché, dopotutto, C è solo la terza lettera dell’alfabeto. In questa impasse vi appare un angelo, ben vestito e con i boccoli piastrati, che vi annuncia la nascita di Gesù il Salvatore. Il vostro capo vi dà il permesso di uscire prima dal lavoro per andare a vedere Gesù. Fate lo slalom col motorino fra le auto in coda, pigliate una coperta per Gesù dal primo vucumprà e vi precipitate nella zona più brutta della città, dove, in un container di amianto, è nato Nostro Signore.
Vi guardate attorno: smog, nebbia, palazzi grigi, aria da fine del mondo.
Guardate davanti a voi e vedete un bambino come non ne avete visti mai; la mamma è dolcissima, bella anche, ma con uno sguardo che proprio non ce la fate a pensare ad altro; il papà… beh, è un po’ avanti con gli anni, ma sembra un bonaccione, forse un po’ burbero, ma non capita a tutti di trovarsi la moglie incinta e, una volta tanto, è stato Dio per davvero. Dietro ci sono un bue e un asinello, e solo allora capite che un bue e un asinello non li avete mai visti prima. Sopra al container, ma sopra un bel po’, tipo in mezzo al cielo buio e nuvoloso, una stella gigantesca che pare vicinissima splende a più non posso.
Vi guardate le mani: vedete la copertina di poliestere del vucumprà e vi sentite un po’ una merda. Poi vi accorgete che un tizio ha portato un panino del McDonald’s, una ragazza del succo di frutta del discount, un bambino stringe uno yo-yo, e quello vestito strano laggiù in fondo ha un pandoro Conad mangiato per metà.
Uno dopo l’altro vi avvicinate e lasciate i vostri doni. Mamma e papà ringraziano, il bimbetto sorride, l’asino punta al pandoro ma il bue gli dice “dai, non fare l’asino”.
A questo punto guardate ancora un po’ il bambino, come in adorazione. Non sapete che dire, che fare. State lì, imbarazzati ma felici, pieni di gioia.
Dopo un po’ arriva altra gente, e capite che è venuto il momento di tornare a casa, da vostra moglie, da vostro figlio. E magari scoprite che non è cambiato niente: la cena è sempre quella, la moglie non è diventata più bella e il figlio non è diventato più bravo. Però, dopo quello che avete visto, col cavolo che vi mettete a litigare per il miglio o per la scuola. Quella sera siete più buoni perché avete visto Gesù.
Ottimo. L'”Eccezionale” irrompe e sconvolge attraverso l’apparenza la natura interiore. Perfino all’asino è chiesto di uscire di sè. Bello