La trama di Cecità
La trama è molto semplice: tutto inizia col manifestarsi del primo caso di cecità e prosegue con la diffusione dell’epidemia: le persone diventano cieche all’improvviso, colpite da una cecità bianca (non nera). In breve tempo il paese è in ginocchio e il governo decide di recludere i ciechi in un ex manicomio, senza la benché minima assistenza se non quella dei militari appostati all’esterno con l’ordine di sparare a chiunque si avvicini all’uscita. Ai ciechi sono completamente abbandonati a se stessi: devono dividersi il cibo recapitato dai militari occuparsi della pulizia dell’ambiente e di sé, seppellire morti e autoregolamentarsi per ogni altra evenienza. Tutto procede fra mille difficoltà in un disordine crescente, finché un gruppo di ciechi armati si impadroniscono del cibo e iniziano a distribuirlo in cambio di denaro e prestazioni sessuali.
Il libro rappresenta una discesa nella cloaca umana:
persone normalissime, brave persone (ma anche cattive persone) che da un giorno all’altro, complici la cecità e la reclusione, si lasciano andare alla deriva quasi indifferenti per il loro destino, incapaci di aiutarsi gli uni gli altri. Annichiliti, perdono ogni speranza, ogni desiderio, ogni aspirazione per il futuro e si addentrano in un orrore senza fine che non è tanto la cecità, ma tutto quello che succede attorno a loro.
Cecità è un bel libro:
è scritto molto bene, ci sono alcune pagine di alta letteratura – specialmente nel finale – però è un libro che ha un grosso difetto: la mancanza totale di una speranza, di una luce, di una fede che possa salvare, che dia un senso alla vita di queste persone che vengono travolte dalla loro cecità e si lasciano andare alla deriva, sembrano non lottare, non credere neanche più a un futuro possibile. Non bastano neanche i valori umani a tenerli uniti, a farli rimanere umani. Cecità è orribile a tratti perché arriva veramente a descrivere il fondo che può toccare l’umanità; è un libro che ti lascia senza speranza, nell’accettazione dell’aberrazione.
Saramago era ateo, non possiamo aspettarci che proponga una divinità, anzi, in quei pochi frammenti in cui cita Dio la questione viene liquidata con delle battutine quasi di scherno. Però manca anche una speranza umanissima, una speranza non trascendentale, è come se il male fosse ineluttabile.
Mi viene da paragonare Cecità a un altro libro post apocalittico – Cecità forse non è proprio post apocalittico, nel senso che c’è l’apocalisse in corso – La strada di Cormac McCarthy, un libro ambientato in un mondo che sta finendo. In questo mondo ci sono un padre e un figlio che camminano sulla strada: la strada mi pensare alle parole di Gesù “Io sono la via”. Loro camminano e c’è questa speranza di fondo, una speranza inestinguibile che alimenta il padre che, pur malato, continua a vivere anche per il figlio, per mostrare la via figlio. E il figlio è un bambino che, se il padre muore, non può salvarsi in questo mondo crudele e disperato, ma il padre ha fede che il figlio possa sopravvivere in qualche modo, non sa neanche lui come.
La luce che c’è in La strada di McCarthy è totalmente assente in Cecità. Questo rende il libro molto cupo, fa perdere la fede non tanto in Dio, ma negli uomini: la fede in una società che blatera tanto di valori, di diritti, ma che poi, quando si viene al sodo, quando si viene al senso dell’esistenza, al senso del dolore, della perdita, della malattia, alla capacità di essere solidali, di essere un popolo, si sfalda totalmente. L’idea del progresso continuo, che anno dopo anno la società migliorerà sempre non solo a livello scientifico, di scoperte tecnologiche, ma anche di diritti e di valori, non c’è in Cecità e, a guardar bene, resta una teoria anche nella società reale.
Vi consiglio Cecità, ma con una domanda
Vi consiglierei di leggere Cecità perché comunque è un grande romanzo, è scritto molto bene, però allo stesso tempo vi suggerisco di concentrarvi non tanto su quello che viene descritto, sulle brutture che vengono raccontate, ma su quello che manca ai personaggi per poter uscire dalla cloaca umana in cui si sono infilati.
Dovete chiedervi: “cosa mi manca per uscire dalla bruttura dell’essere umano, per essere una persona bella, pura, felice?”
Secondo me Saramago lascia una luce in fondo al tunnel, ci suggerisce una strada da percorrere: nella storia coloro che sono riusciti a rimanere vicini ai loro valori umani, senza perdersi, e che sono riusciti a coltivare un qualcosa di positivo (si pensi alla ragazza dagli occhi scuri ed il vecchio con la benda, andati oltre le apparenze formando l’improbabile coppia), sono stati sotto la guida della moglie del medico, l’unica che aveva ancora gli occhi per vedere la spazzatura del mondo, l’orrore di cui sono capaci gli uomini. Allegoricamente indica come si possa conservare la propria umanità solo se sotto la guida della consapevolezza della “bruttura dell’essere umano”. O come un riferimento allo yin e yang, bisogna comprendere il male che c’è nel bene, questo male che Saramago ci ha mostrato ridandoci la vista.
è un’interpretazione più che plausibile la tua, grazie per averla scritta!
Sono una ragazza di soli 13 anni che ha voluto buttarsi a capofitto nel leggere questo libro, premetto di non essere un’esperta a riguardo ma vorrei dare anche la mia opinione e avere anche altri pareri al di fuori del mio. Forse per i miei standard ho trovato il libro molto crudo, soprattutto nella descrizione della miseria cittadina, ma senz’altro pieno di riflessioni. Secondo me la cecità da cui vengono colpiti tutti inaspettatamente è da considerare come una goccia che fa traboccare il vaso, che costringe la popolazione a vivere in maniera totalmente rudimentale. Ed è qui che si può notare fin da subito la crudeltà e la disperazione degli uomini, infatti visto che non c’è nessuno a guardare l’altro e a giudicare il prossimo, tutti possono fare ciò che vogliono. Si passa subito dal banale fare i bisogni e lasciare gli escrementi nelle strade ad uccidere veri e propri uomini cechi come tutti, per mantenere l’istinto di sopravvivenza e prevalenza sul prossimo in una società ormai sull’orlo di cadere. Senza che nessuno possa vedere l’altro, l’uomo si lascia completamente andare facendo si che il proprio istinto primitivo prevalga sulla ragione e sulla coscienza, sempre stata impiantata dentro di noi. Concludo col dire che mi è piaciuto molto il libro ma che lo reputo troppo profondo per la mia età, avrà bisogno di una prossima rilettura.
Grazie Francesca, molto interessante il tuo punto di vista! Non è una lettura che avrei consigliato a una tredicenne, ma hai colto degli aspetti interessanti – bellissima la cosa che dici sul vedersi l’un l’altro – e se vorrai rileggerlo quando sarai più grande, ti farà un effetto diverso.
Per aggiungere qualcosa a quello che altri hanno scritto, vorrei sottolineare il ruolo delle donne in questo romanzo.Ad iniziare dalla moglie del medico,per passare poi alla ragazza con gli occhiali. In loro vedo tutta la forza,la razionalità, la capacità di affrontare le situazioni e di risolverle delle donne. Se il mondo si potrà salvare sarà solo per l’impegno e la generosità delle donne. Libro bellissimo anche per questo.