La trama di Non è un paese per vecchi
Llewelyn è un cowboy del XXI secolo che si ritrova fra le mani un bel pacco di soldi appartenenti a narcotrafficanti. Anton Chigurh è un fuorilegge del XXI secolo o, se preferite, l’incarnazione del male. Nel suo lungo inseguimento lascia dietro sé una scia di morti, quasi tutti innocenti, tutti brutalmente assassinati, spesso senza movente alcuno. Fra loro, tanti chilometri di America e uno sceriffo prossimo alla pensione: Ed Tom Bell.
Moss scappa, Chigurh insegue, Bell indaga. La storia è avvincente dalla prima all’ultima pagina, la scrittura impeccabile, la provocazione maestosa.
Il nocciolo della questione secondo Cormac McCarthy
La domanda posta da McCarthy è semplice: qual è la prima reazione dell’uomo di fronte a tanto ingiustificato orrore? Di primo impatto verrebbe da rispondere: la paura. Invece ecco come reagiscono i tre protagonisti:
- Moss fugge, cercando di mettere a posto i tasselli di una vita improvvisamente in bilico
- Chigurh trova una giustificazione per ogni omicidio, seguendo una sorta di logica della pazzia
- lo sceriffo Bell ha paura ma non scappa: guarda in faccia le vittime, prende parte al loro dolore e si domanda come si è potuto arrivare a tanto.
La domanda di Ed Tom Bell non è retorica: è una domanda vera che va oltre il Male, trovando il Bene che gli uomini hanno smarrito.
La genialità di McCarthy – oltre al talento da scrittore – sta nell’arrivare a dare un nome a questo generico Bene: lo chiama verità, educazione, vocazione, Gesù Cristo. Roba da vecchi? Spero proprio di no.
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