Se The Ten fosse scritto bene…
… non sarebbe un brutto film. Non ho particolari errori da segnalare: la regia è scolastica ma senza sbavature, gli attori sono bravi – alcuni sono molto noti – e a livello tecnico non ci sono robe orripilanti tipiche dei filmbrutti che abitualmente recensisco.
The Ten è in linea con gli standard tecnici delle commedie degli anni 2000, se ne sto parlando è solo per “merito” della sua sceneggiatura fuori dai coppi.
La trama di The Ten – I dieci comandamenti come non li avete mai visti
Jeff Reigert (Paul Rudd, anche produttore del film) è il protagonista dell’episodio guida: ha il compito di presentare le dieci storie incentrate sui dieci comandamenti, parallelamente ci delizierà con la storia della sua crisi matrimoniale.
Cominciano le dieci storie e… no, non ve le racconterò tutte: non ho mica intenzione di scrivere un libro! Vi propongo le le mie “preferite”, per quanto l’unica cosa che avrei preferito fare è non aver mai visto questo film. Come vedrete, si tratta di cortometraggi partoriti da una mente che, per essere gentili, ha un discutibile senso dell’umorismo; o, più probabilmente, li ha scritti post sbornia.
Non avrai altro Dio all’infuori di me
Il primo episodio è la storia di un ragazzo che si getta da un aereo dimenticando il paracadute: sopravvive, ma è conficcato nel terreno e qualsiasi tentativo di estrarlo potrebbe ucciderlo.

Diviene una celebrità, praticamente un dio, ma la fama svanisce così com’era venuta e la sua ragazza (Winona Ryder) lo lascia per il giornalista che fa uno speciale su di lui.
Onora il padre e la madre
Passiamo al quarto episodio. Una coppia di bianchi ha due gemelli neri. Passano vent’anni e il padre muore, allora i due gemelli, divenuti uomini, vogliono sapere la verità sul loro vero padre: lei ammette di aver “scopato Arnold Schwarzenegger” (che è bianco, ndr). La donna decide quindi di presentare il vero padre ai suoi figli: non riuscendo a contattare Schwarzy, la madre chiama un sosia.

Non desiderare la roba d’altri
Nel quinto episodio un capofamiglia (Liev Schreiber) nota che il vicino di casa ha comprato una tac (sì, il macchinario in uso negli ospedali…) e ne acquista una a sua volta. Ma il vicino rilancia, acquistandone una seconda. La gara procede a suon di tac, al punto che le rispettive mogli abbandonano i mariti. Le case sono invase dalle tac, le ultime sono posizionate addirittura sul tetto…

A quel punto i due uomini si incontrano, realizzano l’assurdità della cosa e vanno al pub a farsi un paio di birre in segno di riconciliazione. Nel frattempo una scolaresca in visita a una centrale nucleare viene contaminata da una fuga di radiazioni, tra questi vi è il figlio di Liev Schreiber. L’unica loro speranza è usare le tac acquistate dai due uomini, che però risultano irreperibili (essendo al pub). I ragazzi muoiono nel tentativo di entrare nelle case dove le tac giacciono inutilizzate.
Non rubare
Il settimo episodio vede protagonista di nuovo Winona Rynder, sempre nei panni della ex fidanzata dell’uomo conficcato nel terreno. Ora ha sposato il giornalista della tv, ma si innamora del pupazzo di un ventriloquo: lo ruba e ci fa sesso.

Il tradimento porterà alla fine del loro matrimonio. La donna se ne va in auto con il pupazzo ammettendo che è una pazzia, ma “non mi ero mai sentita così viva”.
Non dire falsa testimonianza
Per pudore avrei preferito tralasciare questo episodio, ma la sua follia, unita alla scelta di rappresentarlo come un corto di animazione, mi costringe a raccontarvelo. Ebbene, un rinoceronte, noto bugiardo, scopre che dei bassotti malvagi si stanno infettando con un virus mortale trasmissibile sessualmente e vogliono organizzare un’orgia per infettare la città. Il rinoceronte cerca di avvisare tutti, ma per via della sua fama di bugiardo nessuno gli credo. Così si consuma l’orgia e muoiono tutti. A quel punto Rino pensa bene di trasferirsi a Portland, dimagrire e dedicarsi allo spaccio di eroina a spacciare eroina. Olè!
Ricordati di santificare le feste
L’ultimo episodio narra la vicenda di un marito che, avvalendosi delle scuse più improbabili, inizia a disertare la messa domenicale per trascorrere un’oretta e mezza completamente nudo in casa ascoltando ascoltando Roberta Flick (quella che canta questa canzone). Piano piano l’iniziativa prende piede e l’uomo trascorre le domeniche mattina insieme a un nutrito gruppo di amici, ovviamente nudi.
Il film si chiude con una canzone rock cantata a turno dai protagonisti delle varie storie. La canzone è forse l’unica cosa bella del film, a patto che evitiate di leggere i sottotitoli con la traduzione del testo.
PS: verso la fine dei titoli di coda c’è quest’altra canzoncina niente male firmata da Peter Salett, un tizio che non è nuovo a jingle del genere.
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