Dove vederlo
La trama di Into the wild
Nel 1990 Christopher McCandless ha 22 anni. Di famiglia benestante, neolaureato con ottimi voti, di punto in bianco molla tutto senza dirlo a nessuno. Dona tutti i suoi risparmi, abbandona l’auto, cambia nome: diventa Alexander Supertramp (supertramp = super vagabondo). Gira l’America, arriva in Messico in kayak e risale fino all’Alaska. Lavora dove capita, quando serve. Lavora bene, ma solo per acquistare il necessario per inseguire il suo sogno grande: l’Alaska.

Nel suo girovagare incontra alcune persone. Non le conosce, le incontra: un incontro è più di una conoscenza, un incontro lascia il segno. Lui lascia il segno, perché non è in viaggio per semplice spirito di avventura o di ribellione, ma per trovare l’essenziale. Chi lo incontra glielo legge in faccia e ne resta affascinato. Un verace trebbiatore del South Dakota (Vince Vaughn), una coppia hippie di mezza età (Catherine Keener e Brian H. Dierker), un’aspirante cantautrice sedicenne (Kristen Stewart), un anziano veterano di guerra (Hal Holbrook): con ognuno di loro Alexander Supertramp si confronta, anche a fondo, ma non solo resta della sua idea: non viene nemmeno messo mai in crisi; e da loro “prende” qualcosa che gli servirà per l’Alaska, da come si scuoia un animale a un semplice passaggio.
E poi, finalmente, l’Alaska. Nella natura selvaggia trova un autobus abbandonato: lo ribattezza “Magic Bus” e diventa la sua casa. Ora è veramente felice?

Nella solitudine totale Alexander Supertramp vive l’esperienza più intensa e radicale, e conosce il cambiamento.
La felicità è reale solo quando condivisa.
Lev Tolstoj citato da Alexander Supertramp
Il viaggio interiore ed esteriore di Alexander Supertramp
Into the wild è un viaggio quasi mistico, interiore ed esteriore, perché la vita spirituale, se vissuta seriamente, ha conseguenze anche sulla vita materiale. “Non datemi l’amore, non il denaro, non il lavoro, non la famiglia, non la giustizia, quello che voglio è la verità!” dice a un certo punto il protagonista citando Henry David Thoreau (l’originale sarebbe “Non l’amore, non i soldi, non la fede, non la fama, non la giustizia… datemi solo la Verità”). La verità, per iniziare a “chiamare le cose con il loro vero nome”. Il bello è che alla fine trova l’essenziale, scopre la verità, e cala il sipario. O forse si alza.
Sean Penn dirige il film alla grande. Niente retorica, niente pomposità, niente moralismo. Christopher McCandless è sempre un ragazzo, mai un eroe. Non servono sermoni per colpire al cuore lo spettatore. E Into the wild ci riesce benissimo.

Emile Hirsch è fisicamente molto simile al vero Christopher McCandless e riesce a far convivere con successo l’anima erudita e rispettabile del ragazzo di buona famiglia e quella ribelle e idealista dell’avventuriero in cerca della verità. Ma l’impressione è che tutti gli attori siano perfetti per i rispettivi ruoli, restituendo intatto il sapore della realtà.
Il film, come la storia vera, si conclude con la morte del protagonista, eppure nessuno potrebbe negare che si tratti di un lieto fine. Into the wild lascia tanti spunti di riflessione e frasi da ricordare e citare, ma soprattutto deve lasciare un desiderio: di vivere una vita piena al termine della quale, non importa quanto lunga – McCandless visse solo 24 anni – poter dire “Ho avuto una vita felice e ringrazio il Signore”.

PS: per qualche anno ho evitato questo film pensando che fosse la storia di un tizio che strippa, molla tutto e va a vivere in un bosco. Non avevo capito nulla.
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