S. Craig Zahler è uno scrittore, sceneggiatore e regista americano che ha stupito tutti col suo primo film, il western horror Bone tomahawk (2015), ha destato qualche sospetto col pazzoide Cell block 99 (2019) per poi consegnarci un film tostissimo come Dragged across concrete (tradotto tragicamente in Poliziotti al limite) per il quale non è vietato spendere la parola capolavoro. Bene, S. Craig Zahler, prima di fare il regista, ha scritto questo Asylum blackout, che è semplicemente uno dei migliori dieci horror del decennio.
“Ok – direte voi – ma è stato un decennio horror particolarmente povero.” Certo, come negarlo? Ma questo film vale la pena. Davvero. Adesso vi spiego perché.
La trama di Asylum blackout (senza spoiler)
George ha una ragazza e suona in una band con gli amici Max e Ricky, ma il loro progetto stenta a decollare. Per tirare a campare lavora nella mensa di un penitenziario per criminali psicopatici insieme ai due amici musicisti e al cuoco William.
Una sera come le altre George incrocia lo sguardo del detenuto Harry Green, che sembra sfidarlo. Poco dopo, George vede Harry sputare la sua pillola e dire al vicino di posto di fare lo stesso. I detenuti sono ancora in sala mensa quando il violento temporale che infuria da ore causa un blackout elettrico e il penitenziario resta al buio. Il capo delle guardie chiede aiuto a George e a William per accompagnare alcuni detenuti, i meno pericolosi, nelle loro celle. I due portano a termine il compito affidatogli non senza difficoltà, ma quando tornano in sala mensa la trovano devastata e non c’è traccia delle guardie e del resto del personale. George sospetta che la rivolta sia stata architettata da Harry Green e forse anche il blackout non è stato del tutto casuale, ma non ha tempo per riflettere: in cucina si aggira un detenuto armato di mannaia. Inizia così un’aspra lotta per la sopravvivenza, con l’inevitabile faccia a faccia finale tra George e Harry Green.

Un film semplice semplice. Oppure no
Come avete letto, la trama di Asylum blackout è semplice semplice e si sviluppa nel più classico dei modi: i sani di mente cercano di salvare la pelle, i pazzi… agiscono da pazzi: a volte con violenza inaudita – alcune sequenze vi faranno accapponare la pelle -, altre con innocenza infantile. Questo per circa 80 minuti. Gli ultimi 4 minuti ribaltano tutto. Oppure no.

Da qui in avanti leggete solo se avete già visto il film, o se pensate di non vederlo.
La spiegazione del finale di Asylum blackout (spoiler!)
Eh sì, perché quando interviene la polizia per ristabilire l’ordine e portare in salvo i feriti, tra i quali George, viene inquadrato il volto del morto con le mani rattrappite e si scopre trattarsi di Harry Green. In quell’istante crolla tutto quanto abbiamo visto finora, perché quel detenuto era morto nelle prime fasi della rivolta. Questo significa che non possiamo più fidarci di quel che George ha visto per tutto l’arco della vicenda, perché George è impazzito molto prima di quando ce ne siamo accorti.

Il twist finale, inaspettato quanto spiazzante, eleva all’improvviso quello che era un buon horror d’azione a un livello superiore. Il cortocircuito logico che viviamo travolge l’ipotesi di George che fosse un complotto ordito dai detenuti. Quindi si è trattato davvero solo di un incidente? Non lo sapremo mai con certezza, perché è pur vero che alcuni detenuti hanno sputato le loro pillole…
L’unica verità di cui siamo certi è quella gridata da George nell’ultima sequenza: “loro sono dentro”, i pazzi (la pazzia) si sono impossessati della sua mente. E, in un certo senso, anche della nostra, visto che non riusciamo a spiegarci quello a cui abbiamo assistito.

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