La trama di Blood feast
Pronti via vediamo una bionda rincasare e farsi un bagno. Ed ecco sopraggiungere un anziano signore armato di un coltellaccio che usa per ucciderla e amputarle una gamba dal ginocchio in giù. Poco dopo apprendiamo che l’assassino si chiama Fuad Ramses e gestisce un catering esotico. La signora Fremont si reca da Ramses e ordina un “banchetto di Ištar”, cioè nello stile degli antichi egizi: sarà la sorpresa per il compleanno di sua figlia Suzette, appassionata di storia antica.
Ramses continua a uccidere giovani donne, asportandone ogni volta un pezzo diverso: è celebre la scena in cui strappa la lingua (si tratta di una lingua di pecora). L’intento dell’uomo è dare un banchetto sacrificale per riportare in vita la dea Ištar (dea dell’amore e dell’erotismo, ma anche della guerra e delle tempeste).
Nel frattempo Suzette ha una relazione con il detective Thornton, che indaga sugli orribili omicidi compiuti da Ramses. Intanto la serata del banchetto si avvicina…
Sangue, sangue, sangue

Dopo l’omaggio a Psyco nella prima scena, Blood feast va per la sua strada: una strada rosso sangue.
Lewis gira il film a colori e adotta una fotografia con saturazione elevatissima, per far risaltare al massimo il rosso del sangue. Già, il sangue. Perché in Blood feast non c’è praticamente altro, oltre al sangue rosso brillante, denso e abbondante.
Si tratta di un lavoro di macelleria spicciola costruito su una trama semplice semplice, girato in soli 4 giorni con (pochi) attori sconosciuti. Il film dura poco più di un’ora e, a parte la carneficina filmata con dovizia di particolari, si segnala solo per gli effetti speciali realistici, notevoli per l’epoca e per il budget, e per il finale (spoiler) che vede il killer nascondersi nel cassone di un camion della nettezza urbana per sfuggire alla polizia, venendo orribilmente triturato.


Nota di merito per Mal Arnold, l’attore che interpreta Fuad Ramses: il suo aspetto ha qualcosa di animalesco e sinistro, si rivela efficace soprattutto negli ipnotici primi piani. La sua carriera, tuttavia, si esaurisci qui (è accreditato in altri 5 film minori).


Il film costò solo 24.000 dollari. Quando uscì nelle sale venne stroncato dalla critica e bannato in alcuni paesi (in Italia arrivò solo a fine anni ’90), ma incassò ben 4 milioni di dollari.
Blood feast inaugura la Trilogia del sangue di Lewis, che prosegue con il suo capolavoro, 2000 maniacs (1964), e si chiude con Color me blood red (1965).
Blood feast merita un posto nella storia del cinema horror?
Purtroppo sì, lo merita.
Purtroppo perché, tra gli horror fondamentali del cinema di genere, è sicuramente il peggiore. Grezzo, semi-amatoriale, privo di tensione – anche se le musiche create dallo stesso Lewis hanno un certo fascino – e troppo semplicistico, ha come unico merito quello di aver creato un genere: lo splatter.
Per splatter si intendono quei film caratterizzati da abbondanti schizzi di sangue e macellazione del corpo umano. Si tratta di un cinema estremo che annovera tra le sue fila alcuni classici, come La notte dei morti viventi e Zombi 2 di Romero, Scanners di Cronenberg, La casa e La casa 2 di Raimi, Bad taste e Splatters di Jackson, ecc.
In altre parole: allo splatter ci saremmo arrivati lo stesso, ma Herschell Gordon Lewis c’è arrivato prima di tutti. Ecco perché si parla ancora di lui e del suo Blood feast.
Un consiglio: correte a vedervi 2000 maniacs, film decisamente superiore a questo.
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