La trama de Il signore del male
Padre Loomis (Donald Pleasence) viene chiamato a sostituire un sacerdote defunto, ultimo membro della Confraternita del Sonno. Ben presto viene a conoscenza dei segreti della Chiesa, da sempre custoditi dai membri della Confraternita all’insaputa del Vaticano.
Incuriosito dallo strano liquido imprigionato in un contenitore cilindrico, contatta un professore di fisica (Victor Wong, già visto e apprezzato in Grosso Guaio a Chinatown). Questi, molto interessato, decide di trascorrere il weekend all’interno dell’edificio accompagnato dai suoi studenti, da un chimico e da un’esperta in lingue antiche per tradurre la pergamena rinvenuta nei pressi dell’oggetto misterioso.
Intanto, intorno alla Chiesa comincia a radunarsi un folto gruppo di persone: giunti davanti al cancello si fermano e rimangono immobili, lo sguardo fisso sulle pareti dell’edificio…
Il film è una delle migliori opere di John Carpenter, che cura personalmente anche la sceneggiatura e la colonna sonora. La storia si sviluppa lentamente, per evitare che lo spettatore si perda nella ragnatela di input forniti all’inizio, per poi accelerare all’improvviso quando la vicenda sterza dal metafisico all’horror. Pur mettendo molta carne al fuoco, dalla fisica quantistica – grande passione del regista – alle riflessioni sulla Chiesa e sul sacrificio, Carpenter è bravo a non bruciacchiarla.
Il signore del male non si perde in un misticismo fine a se stesso: frena in tempo per lasciare spazio all’azione cruenta, a badilate di scarafaggi e insettacci viscidi, teste che saltano e braccia che ricrescono. Come ne La cosa e Distretto 13: Le brigate della morte, i protagonisti sono un pugno di uomini contro un nemico comune e il campo d’azione è un territorio circoscritto, astratto dal mondo, in un certo senso assoluto (benché la Chiesa sia circondata da case e palazzi). Per i protagonisti lo è davvero: lì dentro si deciderà della loro sorte, prima ancora che di quella del mondo intero.
Una spietata riflessione su scienza e religione
Il tema centrale non è la sopravvivenza della specie umana o la lotta tra il Bene e il Male, che sono piuttosto delle classiche macrostrutture del cinema horror, ma una spietata riflessione sulla scienza e sulla religione. L’inspiegabile, l’insondabile si affaccia da un’altra dimensione sulla nostra, rivelando un ordine delle cose diverso da quello che gli uomini si prefiguravano. Carpenter non dà una risposta, non può darla e non è sua intenzione filosofeggiarci sopra; si accontenta di mettere l’uomo con le spalle al muro di fronte al Male, e osservarne le reazioni.
Il tutto è narrato con passione e maestria, mentre gli attori, calati perfettamente nei loro ruoli, modellano personaggi che rimangono impressi nella memoria. Non mancano le trovate bizzarre, come quando il simpatico cinesino, assediato da tre posseduti, inizia a raccontare barzellette per placare il loro istinto omicida. Ma il film non scade mai nel trash involontario, merito di un regista bravo a tirare i fili uno per volta, senza ingarbugliarli mai.
Menzione speciale alla colonna sonora. Come altre volte – Halloween e La Cosa su tutti – le musiche di Carpenter non si limitano ad accompagnare le immagini, ma le plasmano, le sostengono, le esaltano. Il risultato è un film che non fa paura ma cattura lo spettatore trasportandolo nell’atmosfera claustrofobica dell’edificio e inculcandogli l’angoscia dei protagonisti, in completo stile Carpenter.
Curiosità: il cantante rock Alice Cooper compare tra le fila degli invasati che circondano la Chiesa. Anche la sua faccia diverrà un’icona del film.
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