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L’esorcista (1973)

Recensito sabato 23 Settembre 2023
Anno: 1973
Durata: 122 minuti (cinematografica) 132 minuti (integrale)
Regia: William Friedkin
Sceneggiatura: William Peter Blatty
Produttore: William Peter Blatty
Cast: Ellen Burstyn, Linda Blair, Jason Miller, Max von Sydow

L'esorcista di William Friedkin è un film del 1973 riconosciuto da tutti come uno dei più grandi horror mai realizzati. In realtà lo stesso Friedkin non voleva fare un film horror, bensì un "thriller soprannaturale sul mistero della fede", come ha rivelato anni dopo. In effetti guardandolo ci si accorge chiaramente che non si tratta di un horror canonico. Ma prima di affrontare questo punto chiave, riassumo la trama del film.

Voto

10

L'esorcista di William Friedkin è un film del 1973 riconosciuto da tutti come uno dei più grandi horror mai realizzati. In realtà lo stesso Friedkin non voleva fare un film horror, bensì un "thriller soprannaturale sul mistero della fede", come ha rivelato anni dopo. In effetti guardandolo ci si accorge chiaramente che non si tratta di un horror canonico. Ma prima di affrontare questo punto chiave, riassumo la trama del film.

Dove vederlo

La video-recensione dell’Esorcista

La trama de L’esorcista (senza spoiler)

L’esorcista si apre in In Iraq, dove l’anziano padre Merrin sta lavorando a degli scavi archeologici e vengono rinvenuti due oggetti vicini: una medaglietta di San Giuseppe e una statuetta di Pazuzu, un dio-demone assiro. L’anziano sacerdote intuisce che ci sarà uno scontro tra il Bene e il Male che lo chiamerà in causa.

Ci trasferiamo a Washington. L’attrice Chris MacNeil è in città per girare un film, l’accompagnano la figlia Regan, i domestici e un’educatrice. Regan inizia a lamentare dei disturbi accompagnati da strani fenomeni, come il letto che sobbalza e degli strani rumori provenienti dalla soffitta. Chris si rivolge a uno psicologo e inizia una serie infinita di esami, che però non trovano nessuna anomalia nella ragazzina. Ma Regan continua a peggiorare, diventa violenta e parla con una voce terrificante. La madre, che è atea, si convince a contattare un prete: è padre Karras, sacerdote gesuita e psichiatra, che sta vivendo una crisi di fede. Quando anche il titubante padre Karras si convince della necessità di un esorcismo, la Chiesa invia l’esperto padre Merrin per celebrare il rito.

Un horror non canonico

Vediamo ora perché L’esorcista è un horror che non rispetta i canoni del genere.

Una doverosa premessa: il film, specie nella versione integrale del 2000 (chiamata anche director’s cut), è molto aderente all’omonimo romanzo da cui è tratto. Questo anche perché l’autore del romanzo, lo sceneggiatore e il produttore sono la stessa persona: William Peter Blatty.

Innanzitutto il film si preoccupa di raccontare una storia realistica, credibile. Nella prima ora abbondante potrebbe esser classificato come un film drammatico: si concentra sulla presentazione dei personaggi e sulla malattia della piccola Regan. Qui vorrei sottolineare la maestria con la quale vengono tratteggiati i profili psicologici dei personaggi: il dubbio, il senso di colpa, la tristezza esistenziale di padre Karras passano tutti dalla visita all’anziana madre, che vorrebbe poter accudire di più; Chris MacNeil dallo smarrimento iniziale finisce in una spirale di impotenza e disperazione di fronte alla terribile “malattia” della figlia; padre Merrin esibisce in ogni inquadratura la fragilità di un ottuagenario e la forza di una fede solida come roccia; anche un personaggio secondario come Burke Dennings, l’eccentrico e alcolizzato regista del film dove recita Chris, viene caratterizzato efficacemente nei pochi minuti che resta in scena grazie a un paio di battute memorabili.

La malattia di Regan viene affrontata proprio come l’affronterebbe qualunque genitore: ricorrendo a tutti gli specialisti del settore e facendo un esame dopo l’altro nella speranza di trovare una cura.

Insomma, fin qui abbiamo visto un film drammatico girato magistralmente, ma anche – attenzione! – oppresso da un’atmosfera disperata intrisa di una minaccia latente che genera un’inquietudine di fondo pronta a esplodere. La fama di pietra miliare del cinema horror L’esorcista se l’è conquistata soprattutto con gli ultimi 45 minuti, con la lunga scena dell’esorcismo e il suo drammatico epilogo. Tutto quello che c’è prima serve a calare lo spettatore in una realtà vivida e terribile, che lo rende partecipe del gran finale quasi fosse un personaggio del film.

I momenti spaventosi

Alcune scene dell’Esorcista sono diventate leggendarie. Mi riferisco alla testa di Regan che ruota di 180 gradi, alla camminata a ragno – che è stata introdotta solo nella versione integrale -, ai getti di vomito a profusione, al letto che sobbalza; sequenze che sono state imitate e parodiate all’infinito.

Oltre a queste, però, vorrei sottolineare due momenti che oggi sono diventati degli abusati cliché, ma allora non erano così scontati: l’ispezione della soffitta da parte di Chris, da allora uno dei luoghi più terrorizzanti insieme alle cantine, e l’uso di una tavola ouija: forse è stato proprio giocando a invocare gli spiriti che Regan ha guadagnato le “attenzioni” del demone. Oggi hanno realizzato dei film dedicati alla tavoletta ouija, ma nell’Esorcista questa e la soffitta erano meri complementi in un’opera straordinaria.

Tubular bells di Mike Oldfield e la colonna sonora dell’Esorcista

Tubular bells di Mike Oldfield viene spesso associato a L’esorcista: il brano, incluso nella monumentale opera omonima di Oldfield, è uscito nel maggio del 1973, sette mesi prima dell’esordio del film nelle sale, e Friedkin ebbe l’intuizione di includerlo nella colonna sonora. Tuttavia la musica di Oldfield, per quanto di forte impatto, si apprezza solo in una scena di circa 1 minuto nelle fasi iniziali del film, per poi tornare nei titoli di coda.

Siamo abituati a vedere fIlm horror dove la musica accompagna, anticipa e amplifica la paura. L’esorcista invece è molto silenzioso, musicalmente parlando. Lo spettatore viene lasciato in balìa delle immagini affinché possa immedesimarsi pienamente con i vari personaggi e provare le tremende emozioni che provano loro: smarrimento, disperazione, ansia, terrore, ecc. L’assenza di un commento sonoro in questo caso si rivela più efficace di qualsiasi musica.

I temi affrontati dall’opera di Friedkin e Blatty

Come dicevo all’inizio citando le parole di Friedkin, L’esorcista è un film che mette a tema il “mistero della fede” e tutto quanto ci ruota attorno: perché dobbiamo soffrire, perché proprio a me, come si può fronteggiare il male, ecc. Alcune di queste domande vengono poste esplicitamente, come nel magnifico dialogo tra Karras e Merrin:

K: Perché proprio questa ragazzina? Non ha alcun senso.

M: Vuole condurci a disperare, a vederci brutti e bestiali, a scartare la possibilità che Dio ci ami.

In seconda battuta il film mette in scena la società contemporanea e una Chiesa secolarizzata: i genitori di Regan sono separati, Chris è atea, padre Karras è in crisi di fede e affronta il caso più come psichiatra che come sacerdote, perché anche lui ritiene le possessioni una sorta di superstizione del passato: sono le vittime ideali per un demone, perché sostanzialmente indifese. A questi personaggi fa da contraltare padre Merrin: vecchio e malato, rappresenta la Chiesa fondata sulla fede in Gesù Cristo, una Chiesa che forse sta scomparendo, ma capace di riconoscere il male e chiamarlo col suo nome.

Infine, una messaggio positivo: il male si supera insieme. Chris cerca un esperto, prima tra i medici poi tra i sacerdoti, per affrontare la malattia della figlia; l’esorcismo viene condotto insieme da Merrin e Karras; il tenente Kinderman cerca l’amicizia di un sacerdote, prima di Karras poi di Dyer, mostrando una curiosità che forse è la stessa con la quale l’ateo Friedkin indaga la fede e la possessione.

Naturalmente se il film dà qualche risposta il merito è soprattutto del “credente” Blatty, autore del romanzo e della sceneggiatura.

Quale versione vedere? La cinematografica del 1973 o l’integrale del 2000?

La versione de L’esorcista uscita nei cinema nel 1973, che ne ha decretato il successo mondiale, è di 122 minuti. Nel 2000 il film è tornato al cinema in una versione definita integrale, con circa 10 minuti aggiuntivi di girato che per vari motivi erano stati esclusi all’epoca. Qual è la versione migliore? La risposta in questo video, dove affronto le principali differenze (con qualche spoiler sul finale).

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