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Profondo rosso (1975)

Recensito venerdì 25 Febbraio 2022
Anno: 1975
Durata: 127 minuti
Regia: Dario Argento
Sceneggiatura: Dario Argento, Bernardino Zapponi
Produttore: Salvatore Argento, Angelo Iacono
Cast: David Hemmings, Daria Nicolodi, Gabriele Lavia, Clara Calamai

È un giallo.
No, è un horror, vedrai…
A me veramente sembra un thriller.
Ma che fanno quei due, scherzano?
Sì, sta' a vedere che è una commedia…
Oh mamma, e adesso?
Che paura!
Ma come, tutto qui? Ah ecco, mi pareva.
Nooo, incredibile! Dopo dobbiamo tornare indietro e rivedere quella scena!
Geniale! Tremendo, e geniale.
Sì, ma quanto sangue...

(ipotetici commenti di chi guarda Profondo rosso)

Voto

8.5

È un giallo.
No, è un horror, vedrai…
A me veramente sembra un thriller.
Ma che fanno quei due, scherzano?
Sì, sta' a vedere che è una commedia…
Oh mamma, e adesso?
Che paura!
Ma come, tutto qui? Ah ecco, mi pareva.
Nooo, incredibile! Dopo dobbiamo tornare indietro e rivedere quella scena!
Geniale! Tremendo, e geniale.
Sì, ma quanto sangue...

(ipotetici commenti di chi guarda Profondo rosso)

Dove vederlo

La trama di Profondo rosso (senza spoiler)

A metà dei titoli di testa assistiamo a un accoltellamento. Vediamo solo due ombre sul muro, poi un coltello insanguinato gettato a terra e due gambette di bambino in primo piano.

Profondo rosso: la scena iniziale

In un teatro, una sensitiva fa delle dimostrazioni di telepatia. Al termine di una di queste, intercetta i pensieri di una persona disturbata, che ha già ucciso in passato: le immagini di una villa, un omicidio occultato, una fatto di sangue da dimenticare si affastellano nella mente della sensitiva, rivelandole l’identità dell’assassino.

Fuori dal teatro il pianista jazz Marc (David Hemmings) si intrattiene con l’amico Carlo (Gabriele Lavia), anch’esso pianista e visibilmente ubriaco. Quando Marc alza gli occhi verso il suo appartamento scorge la sensitiva con le mani sulla vetrata, in cerca di aiuto, e subito una mannaia la colpisce, frantumando il vetro. Marc si precipita a soccorrerla, ma è troppo tardi.

Gabriele Lavia e David Hemmings in Profondo rosso
Gabriele Lavia e David Hemmings

Sul posto arriva un commissario rozzo, sempliciotto, circondato da sottoposti incapaci, che sembra sospettare di Marc. Il pianista, dal canto suo, segnala che qualcuno ha fatto sparire un quadro dall’appartamento, ma il commissario nega che sia stato toccato nulla.

Sul luogo del delitto irrompe la giornalista Gianna (Daria Nicolodi, moglie di Argento e madre di Asia), che si prende gioco della polizia e ne approfitta per presentarsi a Marc. Gianna inizia a flirtare con Marc, ma lui è più interessato a indagare sull’omicidio. Nasce una sorta di collaborazione tra i due e, con l’avvicinarsi della verità, cresce il sentimento che li lega.

David Hemmings e Daria Nicolodi in Profondo rosso
David Hemmings sprofonda nel sedile sfondato della 500 di Daria Nicolodi

La magnifica imperfezione di Profondo rosso

Basta mezz’ora per capire che Profondo rosso non è un film perfetto. Gli attori sono onesti mestieranti o poco più – tranne Lavia, che spicca nettamente sugli altri. I dialoghi, specie nei siparietti da commedia rosa tra Marc e Gianna, a volte mancano di fluidità, non sono efficaci quanto potrebbero. A questo si aggiunge una parte centrale troppo dispersiva: dal funerale della sensitiva alla visita alla villa trascorrono 50 minuti nei quali il film perde ritmo e la tensione scema, nonostante due scene thrilling di grande impatto (l’assassino che minaccia Marc e il secondo omicidio).

Per un’ora e un quarto Profondo rosso è un thriller sanguinolento inframezzato da momenti addirittura comici – non può non strapparvi una risata la telefonata di Marc a Gianna, con lui avvolto dai vapori della macchina del caffè del bar e lei nel frastuono della redazione del giornale – ma con l’ingresso di Marc nella villa vira decisamente all’horror.

Il passaggio di consegne dal thriller all’horror non interessa solo questo film, ma la carriera di Dario Argento, che dopo Profondo rosso dirigerà capisaldi di genere come Suspiria e Inferno.

Gli ultimi 45 minuti girati tutti in notturna

Argento spegne letteralmente la luce nella seconda parte del film: la scoperta dell’identità dell’assassino e il duello conclusivo avvengono nella stessa notte, in una sorta di lunghissimo (e bellissimo) finale.

Qui entrano in gioco elementi tipici dell’horror, come l’inquietante disegno a muro ritrovato nella villa abbandonata, il sospetto che oltre a Marc ci sia qualcun altro nella villa, e soprattutto

il tremendo finale di Profondo rosso (con spoiler!)

Profondo rosso - la scena finale con la decapitazione

Il colpo di scena è un po’ deludente: Marc scopre che il disegno nella villa è opera di Carlo. I due si ritrovano faccia a faccia, ma l’intervento della polizia mette in fuga Carlo che viene investito dal camion della nettezza urbana e trascinato lungo le strade cittadine come i cowboy trascinavano i banditi: legati al cavallo per i piedi. La scena, piuttosto lunga, è straziante.

A questo punto vi chiederete: ma come, un thriller celeberrimo come Profondo rosso ha un colpo di scena deludente? La risposta è che ne ha 2: Marc ripensa all’omicidio della sensitiva e capisce che non può essere Carlo l’assassino, perché in quel momento erano insieme. Allora ritorna nell’appartamento della sensitiva e intuisce che non era sparito nessun quadro: quello che lui aveva visto era in realtà uno specchio che rifletteva… il volto dell’assassino in mezzo ad altri volti dipinti!

In quel momento l’assassino, che aveva pedinato Marc, esce allo scoperto: è la madre di Carlo – un’eccellente Clara Calamai -, autrice anche dell’omicidio che apriva il film (i piedi del bambinetto erano del piccolo Carlo, rimasto traumatizzato dall’accaduto).

Memorabile la conclusione della lotta tra Marc e l’assassina: l’uomo, a terra e ferito, si accorge che la carnefice ha il medaglione impigliato nella grata dell’ascensore e aziona il pulsante di chiamata: l’ascensore, muovendosi, trascina con sé il medaglione, mentre la collana strozza e decapita la madre di Carlo.

Perché Profondo rosso è un cult leggendario

A inizio commento dicevo che Profondo rosso è un film imperfetto: tranquilli, non ho cambiato idea. Ma è anche leggendario. Vi spiego perché.

La colonna sonora dei Goblin

Dario Argento avrebbe voluto affidare le musiche ai Pink Floyd, ma declinarono l’invito. Allora ripiegò sui Goblin, band progressive rock italiana, che firmò una delle colonne sonore più importanti della storia del cinema, probabilmente la più importante del genere horror.

I brani dei Goblin riescono a modellare le emozioni degli spettatori, coinvolgendoli e stravolgendoli allo stesso tempo. Perché Profondo rosso non fa paura, ma inquieta da matti. Se al termine della visione la vostra casa vi sembrerà più vuota e oscura che mai, la colpa è anche dei Goblin e della loro micidiale colonna sonora.

I virtuosismi di Dario Argento

La macchina da presa si muove lungo binari inusuali, disegnando geometrie che amplificano gli spazi e aumentano l’inquietudine nello spettatore.

Inquadrature dall’alto, primi piani con punti di fuga obliqui od oscuri, soggettive e primi piani strettissimi (ad esempio di un occhio che si trucca): tutto contribuisce a creare un prodotto unico, che negli anni verrà imitato allo sfinimento, anche dallo stesso Argento.

Dario Argento - inquadratura dall'alto in Profondo rosso

Gli omicidi efferati

Ogni omicidio di Profondo rosso è da manuale per costruzione della scena e del climax, con vette inarrivabili nelle morti di Carlo e di sua madre.

Notevole anche il mancato omicidio di Marc: l’assassino si introduce nella sua casa mentre lui sta suonando il piano; Marc intuisce che qualcosa non va e si arma di una statuetta in bronzo senza interrompere la suonata. L’assassino è fuori dalla stanza, Marc è dentro: non si vedono, ma si percepiscono. Tra di loro solo una porta scorrevole aperta. Sarà lo squillo del telefono a rompere l’equilibrio, facendo scattare Marc che riesce a chiudere la porta prima che l’assassino entri. Il telefono: da sempre oggetto inquietante negli horror, in questo caso simbolo di salvezza.

La genialità dell’intreccio (con spoiler!)

Dario Argento gioca con lo spettatore fin da subito: nella prima scena instilla il dubbio che l’omicidio sia opera di un bambino, convinzione che si rafforza quando la sensitiva dice “hai già ucciso in passato”.

Ma l’azzardo principale se lo prende al minuto 20: quando Marc entra nell’appartamento della prima vittima, noi vediamo quello che vede il pianista e come lui abbocchiamo, scambiando il volto nello specchio per un dipinto. Abbiamo visto in faccia l’assassino, ma chi se ne è accorto? Chi l’ha riconosciuto quando il personaggio è entrato in scena in seguito? Argento si è preso un bel rischio, non c’è dubbio, ma ha vinto lui.

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