Sei fan dello Scorsese tagliente di Mean streets e Taxi driver, o preferisci quello gigioneggiante di Quei bravi ragazzi e Casinò? Conosci solo gli ultimi, eclatanti successi di The departed e Wolf of Wall Street, o adori la vena mistica di L’ultima tentazione di Cristo, Kundun e Silence? Sei amante del gigantismo di The aviator e Gangs of New York, o ti strappi le vesti di fronte a capolavori diversamente oscuri come Toro scatenato e Shutter Island?
O magari sei come me, che fra tutti i film di Scorsese scelgo il piccolo e forse dimenticato Fuori orario. Non sarà il più rappresentativo del regista newyorkese, perché esula dalla sua filmografia; non sarà il più celebre – produzione indipendente, nessun De Niro o DiCaprio fra gli attori – ma è quello che più sorprende per il suo essere grottesco, perfetto, unico.

La trama di Fuori orario
Fuori orario – titolo originale After hours, che significa anche dopolavoro – narra le vicende di un programmatore di computer al termine di una giornata lavorativa qualunque. Uscito dall’ufficio, si ferma a leggere in un bar e conosce una ragazza: si scambiano i numeri. La sera stessa la chiama e lei lo invita a casa sua. Sono le 23.32 di una notte che, fra infatuazioni e malintesi, si rivelerà lunghissima.

L’ombra di Kafka si allunga sulla notte del programmatore: il protagonista finisce accidentalmente in una ragnatela di eventi; più si dà da fare per uscirne, più rimane imbrigliato. Ogni sua azione, fatta in buona fede, ha conseguenze inaspettate che lo porteranno all’esasperazione. Il solo fatto di essere a SoHo, il quartiere degli artisti di New York, estremizza ancor più la sua sensazione di essere l’unico sano in un mondo di pazzi.
Commento al film
Fuori orario mette a tema la solitudine, l’incomunicabilità, l’alienazione dell’individuo in una società che, di notte, cala la maschera e rivela le sue psicosi. A sgrossare la meravigliosa pesantezza kafkiana della vicenda, tanti momenti di humour (nero). Si ride, a volte con angoscia, dell’assurdità del mondo e della sfiga di un uomo qualunque.

Alla fine Fuori orario è un film che può voler dire tutto, o niente. Paolo Mereghetti ci ha visto addirittura un itinerario cristologico, “con le sue tentazioni, le sue prove, la consumazione del sacrificio e la rinascita finale”, e non ha tutti i torti.
A me è parsa la storia di un uomo che voleva solo essere felice, ma gli è successo di tutto. Un po’ come capita a me, a te e a quel tipo seduto al tuo fianco che si sta chiedendo cosa leggi con tanta attenzione. Non glielo dire: potrebbe essere l’inizio del tuo After hours.
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