Dove vederlo
Il film inizia dal 1990, quando don Puglisi torna da parroco nel quartiere di Palermo dov’era cresciuto. L’accoglienza è freddissima: chi non lo conosce, lo ignora, chi lo conosce, lo disprezza.
Don Pino inizia un difficile cammino di rieducazione alla vita, all’onestà, ai valori cristiani e per farlo parte dai più giovani e dai loro bisogni concreti: giocare a calcio in un campo migliore della strada, passare i pomeriggi in compagnia, identificare una figura paterna che li aiuti a crescere.
La novità portata da don Puglisi scuote piano piano le coscienze. I volti accigliati e ombrosi riscoprono il sorriso. Ma la mafia non può tollerarlo a lungo…
Alla luce del sole… oggi
Quella di don Puglisi è una bella storia dal finale drammatico, ma cosa ci insegna oggi? Di fronte a un problema enorme come quello della mafia, di fronte a ragazzini di 6-7 anni che sognano di diventare “uomini d’onore” o di comprare una pistola per uccidere chi ha mandato in prigione il papà, don Puglisi reagisce con una proposta di vita nuova. Non si scaglia contro i problemi, invita a un’alternativa. Dire no alla mafia non può bastare; per questo sfida i giovani e la gente del quartiere Brancaccio su un campo diverso, quello della felicità.
È la stessa cosa che serve all’Italia di oggi: un modo nuovo e più giusto di stare di fronte alla realtà. Don Puglisi diceva che bisogna “essere testimoni soprattutto per chi conserva rabbia nei confronti della società che vede ostile. A lui il testimone deve infondere speranza facendo comprendere che la vita vale se è donata”.
C’è un bel cavolo di differenza fra questa posizione e quella dei manifestanti che hanno incendiato Roma nell’ottobre 2011 (o Genova per il G8). A essere onesti, ce n’è altrettanta con l’atteggiamento con cui noi, gente perbene, affrontiamo ogni giorno. Alla luce del sole è solo un film, ma che bello se aiuta anche solo per un minuto a riflettere su come viviamo!
Forse non tutti ricordano chi è don Pino Puglisi
Nato nel 1937 nel quartiere Brancaccio di Palermo, diventa sacerdote nel 1960. Si distingue per il carisma e l’attenzione all’educazione dei più giovani, caratteristiche lo portano a ricoprire vari incarichi diocesani e scolastici e il ruolo di animatore nell’Azione Cattolica e nella Fuci.
Nel 1990 la svolta: torna a Brancaccio in qualità di nuovo parroco di San Gaetano. Lì inizia un’intensa attività educativa per strappare i giovani alla strada e alla malavita. Tre anni dopo, nel giorno del suo 56° compleanno, viene assassinato dalla mafia davanti al portone di casa. È il 15 settembre del 1993.
Sei anni più tardi, il cardinale di Palermo Salvatore De Giorgi apre ufficialmente la causa di beatificazione di don Pino Puglisi.
L’epigrafe scolpita sulla sua tomba riporta le parole del Vangelo di Giovanni: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13).
Bravo a chi lo ha scritto ….