Dove vederlo
La trama dei Soliti Ignoti
A Roma, un gruppo di scapestrati criminali e giovani che vivono di espedienti si riuniscono per tentare il colpo grosso: svuotare la cassaforte del Banco dei Pegni. A capitanare la banda è il pugile fallito Peppe (Vittorio Gassman), che elabora un piano “sc-sc-scientifico” insieme a Tiberio (Marcello Mastroianni), un giovane padre alle prese con un neonato perché la moglie è in prigione, al siciliano Ferribotte (Tiberio Murgia), al vecchio e sempre affamato Capannelle (Carlo Pisacane) e al giovane Mario (Renato Salvatori), che si invaghirà della misteriosa sorella di Ferribotte (Claudia Cardinale). La banda si affida ai consigli dell’esperto scassinatore Dante Cruciani (Totò).
Mettono a punto un piano perfetto, ma qualcosa non andrà come previsto.
La commedia perfetta
I soliti ignoti è una commedia perfetta, dove ogni cosa è al proprio posto e funziona alla perfezione. Si ride di gusto, per una comicità scevra di volgarità – d’altronde siamo negli anni ’50 – che sa costruire personaggi e situazioni che divertono a ogni visione. Gli attori sono formidabili nel dare vita a personaggi realistici che diventano archetipi di diversi tipi di italiani.
Verso la fine del film Mastroianni pronuncia una delle battute più celebri:
Rubare è un mestiere impegnativo, ci vuole gente seria, mica come voi! Voi, al massimo, potete andare a lavorare!
Tiberio
Rivedendo per l’ennesima volta la scena è impossibile non apprezzare il tono, le pause, i tempi comici perfetti di Mastroianni. Lo so, sto parlando di uno dei migliori attori della storia del cinema, ma si tratta di una battuta tutt’altro che facile da recitare senza farla sembrare artefatta.
Poco dopo è Carlo Piscane a scrivere la parola fine all’impresa con una battuta di ben altro tenore:
Ragassuoli, ho paura che abbiamo rotto la cannella del gas.
Capannelle
Una frase che non avrebbe nulla di comico se non fosse Piscane a biascicarla con marcato accento emiliano e un physique du rôle capace da solo di strappare un sorriso (specie se vestito “in divisa da ladro”, come lo definisce Peppe).
La prima commedia all’italiana
I soliti ignoti viene considerato la prima commedia all’italiana, un genere che spopolerà negli anni Sessanta con capolavori come Divorzio all’italiana, La grande guerra, Il sorpasso e tanti altri. La commedia all’italiana raccoglie il testimone del neorealismo: mette a tema la quotidianità e ha per protagonista la gente comune, con precisi riferimenti sociali.
La miglior definizione che ho letto di commedia all’italiana è questa:
La commedia all’italiana tratta con termini comici, divertenti, ironici, umoristici degli argomenti che sono invece drammatici. È questo che distingue la commedia all’italiana da tutte le altre commedie.
Maurizio Grande
I soliti ignoti nasce come una sorta di parodia di Rififi di Jules Dassin, noir francese del 1955 che ha fatto scuola, tanto che uno dei titoli provvisori del film fu “Rifufu”. In Rififi una banda di criminali mette a segno il colpo perfetto, ma complicazioni successive portano a un finale tragico.
Dietro al film c’è il regista e co-sceneggiatore Mario Monicelli, che realizza il primo dei suoi numerosi capolavori (seguiranno La grande guerra, L’armata Brancaleone, Amici miei, Il marchese del Grillo…). Lo affiancano tre sceneggiatori che hanno fatto la storia del cinema italiano: il duo Age & Scarpelli (Agenore Incrocci e Furio Scarpelli, hanno scritto La grande guerra, L’armata Brancaleone, Sedotta e abbandonata, Signore & signori, I mostri, Tutti a casa, C’eravamo tanto amati…) e Suso Cecchi D’Amico (Giovanna detta Suso ha lavorato a film come Ladri di biciclette, Rocco e i suoi fratelli, Il gattopardo e molti altri).
Da segnalare il primo ruolo comico di Vittorio Gassman, fino ad allora attore drammatico e teatrale, ma che di lì a poco sarebbe diventato “il mattatore”, soprannome derivato dall’omonimo film del 1960 di Dino Risi. Emblematica la presenza di Totò, attore simbolo della commedia dell’arte che sancisce il passaggio di consegne dal vecchio modo di fare comicità – gag estemporanee e nonsense – a un modo nuovo, meno improvvisato, ma costruito e inserito in una sceneggiatura chiara e riconoscibile.
Una fotografia dell’Italia, tra boom economico e arretratezza “buona”
Tra i meriti principali de I soliti ignoti, “portare il comico fuori dei confini abituali della farsa acquisendo una propria consistenza cinematografica” (Carlo Lizzani). È inoltre la prima commedia italiana dove muore “seriamente” uno dei protagonisti. La vena drammatica de I soliti ignoti è visibile anche nel ritratto che fa di Roma attraverso il degrado dei suoi quartieri popolari e periferici: una città dimenticata dal boom economico di quegli anni.
Il film contrappone una società povera, ancorata ai valori tradizionali, all’avvento della nuova società di massa fondata sui miti americani del benessere economico, della liberalizzazione sessuale e del comfort abitativo. I protagonisti sono combattuti tra l’attaccamento alla tradizione e l’attrazione dei nuovi miti, tuttavia è significativo come i valori tradizionali vengano presentati con tenerezza e benevolenza.
Seguiti e remake de I soliti ignoti
Ebbe due seguiti: Audace colpo dei soliti ignoti (1959) e I soliti ignoti vent’anni dopo (1985).
Tre film americani sono ispirati a I soliti ignoti:
- Crackers (1984) remake firmato dal francese Louis Malle (noto per Ascensore per il patibolo, Arrivederci ragazzi e altri film), con Donald Sutherland e Sean Penn
- Criminali da strapazzo di Woody Allen, con una evidente citazione nella prima parte del film (i criminali sfondano una parete comunicante con la banca)
- Welcome to Collinwood (2002), remake diretto dai fratelli Anthony e Joe Russo (poi autori di film Marvel come Capitan America e Avengers) con George Clooney nel ruolo che fu di Totò.
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