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Il divo (2008)

Recensito martedì 14 Ottobre 2014
Anno: 2004
Durata: 110 minuti
Regia: Paolo Sorrentino
Sceneggiatura: Paolo Sorrentino
Produttore: Francesca Cima, Fabio Conversi, Maurizio Coppolecchia, Nicola Giuliano, Andrea Occhipinti
Cast: Toni Servillo, Anna Bonaiuto, Carlo Buccirosso

Il divo o, per esteso, Il divo - La spettacolare vita di Giulio Andreotti è il film che Paolo Sorrentino dedica alla figura controversa di Andreotti, senatore a vita e 7 volte presidente del Consiglio italiano.

Il film comincia nel 1991, con la presentazione del VII Governo Andreotti, e segue "il divo" - uno dei tanti soprannomi di Andreotti - per due anni, attraverso Tangentopoli, fino all'inizio del processo di Palermo dove Andreotti è accusato di collusioni con la mafia.

Voto

7

Il divo o, per esteso, Il divo - La spettacolare vita di Giulio Andreotti è il film che Paolo Sorrentino dedica alla figura controversa di Andreotti, senatore a vita e 7 volte presidente del Consiglio italiano.

Il film comincia nel 1991, con la presentazione del VII Governo Andreotti, e segue "il divo" - uno dei tanti soprannomi di Andreotti - per due anni, attraverso Tangentopoli, fino all'inizio del processo di Palermo dove Andreotti è accusato di collusioni con la mafia.

Dove vederlo

Il divo è un bel film, ben girato – si intravede già quel modo di muovere la camera che diventerà determinante in La grande bellezza – e ottimamente interpretato da un irriconoscibile Toni Servillo nelle sembianze di Andreotti. La buona fattura del prodotto è testimoniata anche dalla nomination all’Oscar per miglior trucco, fatto abbastanza singolare per un film italiano.

Toni Servillo è Giulio Andreotti (Il divo)

Tuttavia c’è qualcosa che non mi torna. A partire dai primi secondi, con quel “Glossario italiano” che dà le definizioni di Brigate Rosse, Democrazia Cristiana, P2 e Aldo Moro, e si conclude con una frase della madre di Andreotti:

Se non potete parlare bene di una persona, non parlatene.

L’intento di Sorrentino è chiaro: fare un film non su Andreotti, ma contro Andreotti. Poi Sorrentino è intelligente e sa che un autore come lui non può limitarsi a produzioni alla Sabina Guzzanti, quindi cerca di mantenere un minimo di equilibrio mostrando anche qualche aspetto neutro, se non positivo di Andreotti. Ad esempio il dialogo con don Mario durante la confessione:

Perché non presero me? Io sono forte, Moro era debole. Se le brigate rosse volevano i segreti, con me potevano parlare un anno. Moro certe cose non le immaginava nemmeno. Sai, Mario, una volta mi hanno chiamato a casa. Nessuno ha il mio numero di casa. Dissero che mi avrebbero ammazzato il 26 dicembre. Io risposi: “grazie, così passerò il Santo Natale in pace.” Sono ancora qui. Si fecero scoraggiare da una battuta. Queste erano le brigate rosse, gente troppo seriosa.

Oppure quando, circa a metà film, Andreotti affronta Scalfari in un epico botta e risposta, dove Giulio annichilisce il fondatore de «La Repubblica» usando le sue stesse parole.

Il finale è di nuovo lasciato alle scritte in sovrimpressione, che raccontano gli esiti del processo di Palermo e del processo Pecorelli, fra prescrizione e assoluzioni.

Il divo è un film tendenzioso, la cui più grande pecca è non aver fornito un ritratto sincero di Giulio Andreotti. Ma il tradimento era noto fin dal principio: La spettacolare vita di Giulio Andreotti non è tanto spettacolare e nemmeno tanto vita, perché racconta solo il triennio 1991-93: tre anni a fronte di una vita cominciata nel 1919 e che, al tempo de Il divo, non era ancora finita.

L’accusa di mancanza di sincerità la muovo a titolo personale. Non sta a me ipotizzare o dimostrare ciò che pm, giudici e giornalisti in vari processi ventennali non sono riusciti a dimostrare, ma una cosa posso dirla: io Giulio Andreotti l’ho sentito parlare dal vivo, in due o tre conferenze, degli argomenti più diversi. E posso affermare che Andreotti era un vecchietto affabile, dotato di uno smisurato senso dell’umorismo; non certo quell’ameba glaciale e distante mostrata da Sorrentino. Questa, forse, la più grande pecca del film: non aver mostrato il vero Andreotti, o quantomeno l’Andreotti che sapeva farsi volere bene.

Giulio Andreotti a 93 anni

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