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I demoni di Dostoevskij: un romanzo bizzarro, inspiegabile, micidiale. Come un demone

Scritto giovedì 27 Novembre 2014

Leggere un Dostoevskij o un Tolstoj è un'impresa nel vero senso della parola: la lunghezza e la portata delle opere principali di questi due giganti della letteratura russa richiedono un tempo e un'applicazione quasi paragonabili al tempo e all'applicazione necessari a dirigere un'azienda.

Me ne rendo conto, il paragone è un po' esagerato, e poi non vorrei offendere nessun imprenditore - specie in questo momento delicato - ma io la vivo proprio così. La lettura de I demoni - uno dei grandi romanzi di Dostoevskij, da mettere insieme a L'idiota, Delitto e castigo e I fratelli Karamàzov - mi ha richiesto oltre due mesi. Un po' perché non è un romanzo avvincente, nel senso che non inizi un nuovo capitolo "per vedere come va a finire", un po' perché nella vita faccio anche altro. Bene, quando ero pressappoco a metà del romanzo, una mattina, colto da un (demone?) momento di trance letteraria, ho inciso il seguente monologo. Lo riporto con qualche aggiustamento, per renderlo più comprensibile (i più pigri possono "ascoltare" il video di YouTube).

Voto

7

Leggere un Dostoevskij o un Tolstoj è un'impresa nel vero senso della parola: la lunghezza e la portata delle opere principali di questi due giganti della letteratura russa richiedono un tempo e un'applicazione quasi paragonabili al tempo e all'applicazione necessari a dirigere un'azienda.

Me ne rendo conto, il paragone è un po' esagerato, e poi non vorrei offendere nessun imprenditore - specie in questo momento delicato - ma io la vivo proprio così. La lettura de I demoni - uno dei grandi romanzi di Dostoevskij, da mettere insieme a L'idiota, Delitto e castigo e I fratelli Karamàzov - mi ha richiesto oltre due mesi. Un po' perché non è un romanzo avvincente, nel senso che non inizi un nuovo capitolo "per vedere come va a finire", un po' perché nella vita faccio anche altro. Bene, quando ero pressappoco a metà del romanzo, una mattina, colto da un (demone?) momento di trance letteraria, ho inciso il seguente monologo. Lo riporto con qualche aggiustamento, per renderlo più comprensibile (i più pigri possono "ascoltare" il video di YouTube).

Monologo a proposito de I demoni

I demoni racconta le storie di uomini spregevoli, che commettono delle bassezze, e di rivoluzionari, illuministi che hanno perso ogni percezione del bene e del male perché vedono e giudicano tutto alla luce del loro scopo ideologico, puramente ideologico. Leggendo le bassezze compiute da questi personaggi, la prima reazione è quella di ritrarmi, inorridire; non perché siano azioni particolarmente gravi – si legge di peggio nei romanzi moderni – ma perché queste piccole e grandi violenze sociali, da un matrimonio fatto per una scommessa persa alla seduzione per sfizio di una ragazzina, una giovane donna – perché per il tempo una femmina a 14 anni era già una giovane donna – tutte queste cose da un lato mi fanno inorridire, dall’altro, pensando alla vita di tutti i giorni, mi chiedo: le mie bassezze non sono simili a queste? Non dico uguali, perché queste sono più gravi, ma non sono simili? E non è forse vero che anche nel mondo di oggi si sta perdendo il confine tra bene e male? Cos’è male oggi? Ormai sembra che male sia solo rubare in casa altrui, derubare gli anziani, uccidere (con qualche eccezione, come l’aborto, che è permesso); oppure, che cos’è male? Il male è l’ingiustizia, sono i politici corrotti; però il male non è sfruttare il collega di lavoro, sfruttare una persona più debole che ci è sottoposta; il male non è vivere una relazione per gioco con una persona che magari è innamorata per davvero; questo non è più vissuto come male, è vissuto come normalità.

I demoni riesce a provocare quella reazione, almeno in me, per cui mi viene da dire: ma che cos’è male? Che cos’è che sto facendo nella mia vita? Devo aprire un attimo gli occhi per vedere che cos’è male e che cosa no.

Ovviamente I demoni non fa solo questo: i demoni sono anche il presupposto per qualcosa che non è demone; e che cos’è questo qualcosa che non è demone? È il tormento che vivono questi uomini. Nella loro genialità, perché Stepan Trofimovič, Pëtr Stepanovič e Stavrogin sono brillanti, gli altri sono dei sempliciotti, ma loro sono brillanti, sono uomini intelligenti, uomini che potrebbero fare grandi cose nel mondo, invece vivono una vita vuota, dissoluta, oltre i limiti della legge e della morale, poi però in certi momenti c’è un moto della coscienza che li tormenta. Li tormenta perché fa nascere il dubbio, fa nascere almeno il dubbio che ci sia qualcosa che non va. Ma non perché stiano facendo il male, non perché stiano tenendo dei comportamenti non corretti per la morale o per la legge, ma è come se gli sorgesse il dubbio che ci può essere qualcosa di più grande, qualcosa di più interessante per cui vivere. Questo è fondamentale, è fondamentale che ci sia questo dubbio, perché penso che nessuno possa dire di essere completamente felice, a meno che non senta già di vivere per qualcosa di più grande.

I demoni è una lettura difficile, è una lettura che per molte pagine mi fa dire: e quindi? Cosa ci sta dicendo qui, dove ci sta portando Dostoevskij? Si seguono le vicende di tanti personaggi: abbiamo un protagonista nelle prime trecento pagine (Stepan Trofimovič), poi il protagonista diventa un altro, con un cambio di prospettiva: prima osserviamo una vita vissuta nel timore, un uomo che pare debba fare qualcosa di grande, ma si ha la sensazione che non ne sia realmente capace, stritolato com’è tra l’ignavia e la paura di scoprire di essere un uomo qualunque; poi si passa a un altro personaggio, Stavrogin, che invece potrebbe sì compiere qualcosa di grande perché ha i mezzi economici, è nobile, ha i terreni; invece è come posseduto da una pazzia che ogni tanto emerge e prende il sopravvento: è il suo lato peggiore, da cui si lascia dominare, cedendo al piacere malsano di fare il male. Ed è bello quando dialoga con Tichon, un monaco che pare abbia dei doni particolari: a tratti sembra un dialogo tra due pazzi, però a un certo punto Stavrogin tira fuori i suoi appunti, glieli dà e lo obbliga a leggerli. Sono la sua confessione, il resoconto di tutto il male che ha fatto. Lui ha bisogno di dirlo a qualcuno, ha bisogno di raccontare la sua vita, cose mai sentite fino adesso: la sua parte di vita nascosta, che non ci è stata narrata nella prima parte del romanzo. Ha bisogno di raccontarla a qualcuno, a questo sconosciuto, un monaco, una specie di santone, una figura che in Russia è molto nota: è un “pazzo di Dio“. Questo gesto è come dire: tutto il mio male non inizia e non finisce in me, ho bisogno di un altro con cui condividere anche il male, con cui condividere anche il dubbio.

I demoni: vacuità e grandezza

Per molte pagine Dostoevskij ci costringe a una lettura d’attesa – attesa che succeda qualcosa – proprio come la vita di Stepan Trofimovič si consuma nell’attesa di qualcosa di grande.

Proprio come la nostra vita è spesso poco interessante agli occhi di estranei, se non per rari avvenimenti che raccontiamo perché divertenti, importanti o particolarmente drammatici, I demoni snocciola perlopiù fatti non memorabili, scarsamente coinvolgenti, un po’ tediosi se vogliamo dirla tutta, salvo poi accendersi di tanto in tanto non come una lanterna, ma come un vero e proprio sole letterario.

La grandezza del romanzo e del romanziere sta nella combinazione del grigiore quotidiano con questi flash, ad esempio la conversazione fra Stavrogin e Tichon o la lettura pubblica di Stepan Trofimovič. Certo, questo rende la lettura un po’ faticosa. Non ha il brio dei best seller moderni, che assommano fatti straordinari uno sull’altro per trascinare il lettore in un thriller spesso affascinante quanto irreale. Ha però la portata di una vita.

Raccontare una storia lo sanno fare quasi tutti, mettere su carta una vita solo i grandi della letteratura (e nemmeno tutti i grandi).

11 Commenti

  1. M.C.

    Purtroppo è vero, è una lettura complessa dove non c’è più differenza tra bene e male, dove il demone abbatte ogni limite possibile e dove, mancando ormai la morale, non esiste neanche più il male in sè e neanche la coscienza…. Ottimo spunto di riflessione per riuscire ad osservare il male al giorno d’oggi.

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  2. Alessandra

    Grazie. Interessante recensione.

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  3. Francesca Casini

    Ho appena finito di leggere I Demoni. Nell’introduzione all’edizione che ho letto si parla di Stavroghin come del male assoluto, ma è un’interpretazione che personalmente non mi convince moltissimo. Nikolaj è in fondo solo un borderline vittima del proprio carisma. Un carisma che lui stesso mal sopporta. Che cosa volete tutti quanti da me? Ripete più volte… Il male vero, quello lucido è semmai Pëtr Stepanovic, che infatti, alla fine e dopo il caos che ha scatenato, fugge come il più spregevole dei vigliacchi. Esaltato nel ricercare solo la propria convenienza e nell’utilizzare chiunque gli capiti a tiro millantando idee superiori che nemmeno si briga di conoscere appieno e di cui anzi pubblicamente si dichiara ignorante… I Demoni, ovvero..le cinquanta sfumature della bassezza umana.. grazie per la tua recensione!

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    • Martino Savorani

      Grazie a te per il tuo commento, che mi rinfresca la memoria su questa importante lettura.
      Un unico appunto: “le cinquanta sfumature della bassezza umana” richiama letture meno nobili, diciamo che I demoni sono le mille sfumature 😉

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      • Francesca Casini

        Haha, letture certamente meno nobili, hai ragione! Eppure so di qualcuno che, catturato da pagine pop di dubbio valore ha poi preso o ripreso a leggere e ha risalito la china verso stazioni letterarie più … elevate! Regalai Orgoglio e pregiudizio ad un’amica appassionata della (imbarazzante) saga After. Adesso è in fissa con la Austen e le sorelle Brontë. E ogni tanto dimentica la serata trash tv per darsi a queste letture… Non tutte le ca***te vengono per nuocere 🤗 In ogni caso, mi complimento per il tuo blog e sono curiosa di leggere i tuoi racconti. Bravo!

      • Martino Savorani

        Brava, non bisogna mai rinunciare alla promozione culturale, nemmeno di fronte ai casi più disperati. Aggiungo, con soddisfazione, che non avevo mai sentito nominare prima d’ora la saga After.
        Per quanto riguarda i miei racconti, su questo sito ce ne sono alcuni, ma molto vecchi. Ti consiglio questo, mentre qui puoi scaricare gratuitamente il mio primo libro di racconti. Le info sul secondo, I demoni delle campagne, le trovi qui. Buona lettura!

  4. Massimo

    Recensione un pochino stringata, ma che rende l’idea di quello che ci si accinge a leggere. Sto rileggendo i Demòni con l’accento sulla o, dopo 25 anni dalla prima volta e confesso di trarne un profitto maggiore. Allora, giovane trentenne, non potevo assaporare fino in fondo questa “memoria del sottosuolo” alla massima potenza, ma adesso riesco a cogliere in pieno la disperazione del silenzio di Dio che aleggia sull’intero romanzo. Un silenzio che in certi momenti, non si può descrivere. Una successione di eventi più pensati che realizzati da personaggi talmente prigionieri delle loro debolezze e del loro ego che non sanno e non possono che vivere in una dimensione che rimanda costantemente ad un altrove. A quel Dio di cui ostinatamente negano l’esistenza.

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    • Martino Savorani

      Grazie del contributo! Molto interessante. Sì, probabilmente è un libro che vale la pena rileggere in età diverse per poterlo comprendere a fondo.

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  5. Marcella

    Ho 80 anni e ho letto “I dèmoni” da giovane, come tutte le altre opere di Dostoevskij, e mi era piaciuto moltissimo, e in questi giorni ho visto lo sceneggiato RAI del 1972 (cento anni dopo la sua pubblicazione in Russia). E mi sono accorta che l’argomento che più mi aveva coinvolta da ragazza era Stravogin che, al monaco che gli assicurava la misericordia di Dio, lui rispondeva che era lui che non si perdonava. In questo vedevo l’enorme differenza tra il protestantesimo e il cattolicesimo, dove basta confessarsi per sentirsi puliti. Oggi quel che più mi ha stupito è la descrizione fatta da uno dei congiurati che descrive la società futura, che è quella dell’Unione Sovietica. Gli interpreti sono straordinari, e forse il più bravissimo è Glauco Mauri, Piotr, ma nella parte più in parte è il bellissimo Luigi Vannucchi che, sei anni dopo, a soli 47 anni si è suicidato, dopo una carriera ‘larger than life’ a parere unanime, unendo il fascino di Stravogin al nichilismo di Kirillov. Quando si vive a lungo si hanno più strumenti per osservare la vita. Leggo dall’età di 4 anni e dopo i 18 non ho più letto libri inutili, perché ho avuto un grande maestro (che quando passavo gli esami mi faceva leggere Salgàri). Io sono una grandissima ammiratrice di Jane Austen, la pre-Proust, che ho letto e riletto sempre in inglese. Io spero che il paradiso sia un’infinita biblioteca. A chi ama la letteratura, un libro ‘incontournable’, come dicono i francesi, è “Il Canone occidentale” di Harold Bloom.

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    • Martino Savorani

      Grazie per il suggerimento, metterò in lista il libro di Bloom!
      L’unica cosa su cui non sono d’accordo è sul fatto che basta confessarsi per sentirsi puliti. Può essere che alcuni cattolici la vivano così, sbagliando, perché non è questo lo scopo e l’effetto della confessione. Io personalmente non la vivo così. Poi che una persona non riesca a perdonare se stesso è un altro affare… la confessione dovrebbe aiutare in quel senso perché ci si sente accolti e non “esiliati” per i propri errori.

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  6. Marcella

    Io non sono credente, quindi non posso interferire. Quando ero ragazza e rimuginavo sull’esistenza di Dio, c’erano molte cose che non mi piacevano del rapporto tra uomini e Dio, uno era l’esistenza dell’inferno, mi pareva non compatibile con la misericordia (Il nocciolo della questione di G.Green). Pensavo che io avrei capito un atto sbagliato dovuto alla passione, ma mi era difficile accettare un buon comportamento per garantirsi un posto in paradiso. Ero molto interessata a questo argomento per cui ho letto Dostoevskij evidentemente trascurando l’aspetto politico. Ho riletto Dostoevskij quest’anno e l’ho trovato straordinario come da ragazza, con in più mi sono stupita di non aver ‘visto’ il suo pensiero politico, mentre mi ha segnata (imprinting) la lettura del Giulio Cesare di Shakespeare, Il Signore delle mosche di Golding e La fattoria degli aimali di Orwell. A 18 anni sono stati determinanti per la mia passione politica. Ho letto Guerra e pace tre volte per intero e poi ho riletto alcune parti (lo considero, con Woody Allen il miglior romanzo mai scritto). Mi sarebbe piaciuto che avesse ragione su Dio, mi piaceva l’idea che ne aveva, ma non ci credevo più. Sono un’atea cristiana, concordo con la scuola di pensiero cristiana. Invece trovo la scuola di pensiero cattolica inaccettabile, non insegna a essere buoni ma a essere furbi. A me sembra che i cattolici pensino a Dio come a un boss mafioso, da compiacere, adulare, pregare, patteggiare. E’ talmente nella pelle degli italiani che i collaboratori di giustizia vengono definiti ‘pentiti’. Che bello parlar di libri, io amo sempre di più internet, dove trovo sempre cose così interessanti come questo sito, anzi sempre più interessanti, e io lavoro con il computer dal 1986, dove in azienda già avevamo le mail interne seppur scritte verde su nero. Grazie!

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