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Il podere di Federigo Tozzi

Scritto venerdì 8 Giugno 2018

Che bella scoperta Federigo Tozzi!

Il romanzo Il podere è una delle tante gemme (dimenticate?) della letteratura italiana di inizio Novecento.

Come gli altri libri di Federigo Tozzi, è disponibile gratuitamente su Amazon per chi ha un ebook reader, anche le versioni cartacee hanno prezzi molto contenuti (5-10 €).

Voto

7.5

Che bella scoperta Federigo Tozzi! Il romanzo Il podere è una delle tante gemme (dimenticate?) della letteratura italiana di inizio Novecento. Come gli altri libri di Federigo Tozzi, è disponibile gratuitamente su Amazon per chi ha un ebook reader, anche le versioni cartacee hanno prezzi molto contenuti (5-10 €).

Breve trama de Il podere

Alla morte del padre, da cui aveva preso le distanze, Remigio riceve in eredità il podere e la casa paterna. Senza l’esperienza e il carattere per dirigere gli assalariati e gli affari, Remigio deve difendersi anche dalle pretese di eredità della matrigna e della giovane amante del padre. Circondato da tanti nemici e da poche persone disposte ad aiutarlo, Remigio naviga a vista, fra continui sbalzi d’umore, con nuove preoccupazioni e speranze che sorgono ogni giorno insieme al sole.

Un romanzo a metà tra Svevo e Verga

Federigo Tozzi - Il podere (edizioni Ecra)

Leggere Il podere di Federigo Tozzi mi ha riportato indietro negli anni, a letture che ho amato potentemente, ritrovando il sapore della migliore narrativa italiana. Il protagonista, Remigio, è un inetto alla Italo Svevo calato in un mondo antico, contadino, alla Giovanni Verga.

Gli schiaffi che Remigio prende dalla vita lo sballottano fra ansia, sconforto e rabbia, ma per quanto sia grandi le difficoltà, è nella sua natura, nella natura umana continuare a sperare che le cose si mettano a posto, i guai si risolvano, gli affari comincino a girare.

Nessun personaggio è ascrivibile in toto alle categorie di buono o cattivo; ciascuno ha slanci positivi (o negativi) inaspettati, come se la santità e il peccato fossero parti del cuore di ognuno.

Il finale di Il podere è telefonato, ma le pagine che lo preparano sono di grande letteratura, come questo estratto:

Egli aveva paura di una cosa ignota, più consistente del suo animo. Ma, benché non avesse più pensato a Dio da tanti anni, non poteva credere che Dio volesse annientarlo a quel modo. Che cosa aveva fatto di male? Perché non poteva esistere anche la sua volontà? Ricordò, allora, la sorgente dell’orto, sottile come un filo, quando da ragazzo si divertiva a chiuderla con un poco di argilla: bastava che vi pigiasse sopra il pollice. Pensò anche a tutta la gente che conosceva ed era morta senza che gliene fosse importato nulla. Anch’egli, ora, poteva morire, e nessuno lo avrebbe rimpianto. Dopo qualche anno, nessuno se ne sarebbe più ricordato. Mentre la Casuccia, a ogni primavera, ridoventava verde e fresca; e i pioppi della Tressa si innalzavano sempre di più.

Prima Tozzi ci aveva già deliziato con descrizioni pregne di umorismo e arguzia, come questa del notaio Pollastri:

Pollastri, uno dei più vecchi notai di Siena, era molto rispettato e tenuto in conto. Bassotto, con il buzzo a pera, e sempre con il bastone e con il bocchino per fumare il sigaro, aveva una carnagione scura; i baffi biondicci, con le punte come due spaghi untuosi e sottili; gli occhi chiari che doventavano subito fissi e cattivi; una voce che lunsingava; un sorridere serio e pacato che faceva esclamare: — Dev’essere onesto!

O momenti di grande impatto emotivo dove con poche parole, parlando del paesaggio, descrive l’abisso dell’animo umano:

Allora, Remigio si sentì pieno d’ombra come la campagna. Guardò il podere, giù lungo la Tressa; e dov’era già buio. E gli parve che la morte fosse lì; che poteva venire fino a lui, come il vento che faceva cigolare i cipressi.

Chiudo con questo brano dove Remigio percepisce una possibilità di cambiamento, dovuta all’arcaica speranza che pervade ogni uomo all’approssimarsi dell’alba, subito repressa dalla dura realtà – qualcuno gli ha incendiato il pagliaio in piena notte:

Su l’aia egli vide il monte della cenere e della paglia nera. Perché non era fuggito? Perché non fuggiva prima di rivedere qualcuno? Ma, chi sa da dove, un gallo cantò: allora, sentì che cominciava un’altra giornata: ne sentì, chiaramente, lo stacco e la differenza. Il gallo cantò un’altra volta; e Remigio quasi ebbe paura di non essere più in tempo a ricominciare la vita con tutti gli altri uomini.

Chi è Federigo Tozzi

Federigo Tozzi nel 1910
Federigo Tozzi nel 1910 (crediti della foto)

Federigo Tozzi nasce a Siena nel 1883. A 12 anni perde la madre, mentre i suoi studi procedono in modo discontinuo, anche per via di una condotta non sempre esemplare che gli frutta l’espulsione dal collegio arcivescovile di Provenzano e dalla scuola delle Belle Arti. Non termina gli studi e si dedica alla lettura in biblioteca, creandosi una propria cultura da autodidatta, e allontanandosi dal padre con il quale aveva un rapporto molto conflittuale.

Nel 1904 si iscrive al Partito socialista degli italiani, dove stringe amicizia con Domenico Giuliotti. L’esperienza politica si esaurisce nel 1904. Di quel periodo sono i primi amori, inoltre conosce Emma Palagi, che diventerà sua moglie.

Nel 1907 lavora come impiegato delle ferrovie a Pontedera e a Firenze. Un anno dopo la morte del padre lo costringe a tornare a Siena, dove prende possesso di alcuni piccoli poderi ereditati e sposa Emma Palagi.

Complice “l’incontro” con due grandi santi senesi, santa Caterina e San Bernardino, inizia un percorso di conversione al cattolicesimo che si rifletterà sulle opere a venire.

Esordisce con alcune raccolte di liriche (La zampogna verde nel 1911, Bestie nel 1917); i romanzi hanno invece una gestazione lunga e travagliata: Con gli occhi chiusi e Il podere, iniziati intorno al 1908, saranno pubblicati solo nel 1919 e 1920.

Nel 1914 è costretto a vendere l’ultimo podere e si trasferisce a Roma con la moglie e il figlio Glauco. Dopo alcuni anni difficili, nel 1919 entra a far parte della redazione del «Messaggero della Domenica», dove conosce Orio Vergani e soprattutto Luigi Pirandello e Giuseppe Antonio Borgese, che diverranno grandi estimatori dell’opera di Tozzi.

Raggiunge la notorietà nazionale nel 1920 quando Borgese definisce Tre croci un capolavoro del realismo. Tre croci esce in febbraio, Federigo Tozzi muore il 21 marzo di polmonite. I romanzi Il podere e Gli egoisti escono postumi, così come il dramma L’incalco, molte novelle e il romanzo breve Ricordi di un impiegato.

Per entrare di diritto nella storia della letteratura italiana Tozzi dovrà attendere gli anni sessanta, quando la critica rivide il giudizio sulla sua opera, estendendone la portata dal verismo al simbolismo, e il suo nome venne accostato a Kafka e Dostoevskij.

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