Uscito per la prima volta nel 1927 e ristampato per l’ultima nel 1978 da Bompiani, Il soldato Cola è ambientato nella I Guerra Mondiale e fotografa in maniera impeccabile sia la vita del soldato italiano, sia l’italiano di inizio Novecento.
Puccini costruisce personaggi di un realismo totale, ottenuti anche grazie all’uso di un linguaggio semplice e immediato, del popolo.
Il ricorso a modi di dire e termini dialettali avvicina il lettore di oggi alla sensibilità e al modo di percepire la realtà dell’uomo di allora, col risultato di andare oltre alla simpatia, generando immedesimazione.
L’impressione è che Puccini non lasci fuori niente della guerra: l’amicizia, i dissidi, la paura, la nostalgia, il coraggio, la crudeltà.
È così che si scherza ad Ausa, in attesa di essere chiamati al fronte; si fa baldoria e qualcuno tradisce la moglie ad Asiago; poi si combatte sui monti, in trincea: baionette italiane contro cannoni austriaci.
Rispetto al più celebre Emilio Lussu e al suo Un anno sull’Altipiano, ambientato nelle stesse zone e citato anche nelle antologie scolastiche, Mario Puccini è meno scrittore e più cronista, Il soldato Cola usa toni meno sensazionalistici ma sembra più autentico. Probabilmente come romanzo vale di meno, ma come testimonianza è più importante.
In fin dei conti, Il soldato Cola e Un anno sull’Altipiano sono due letture complementari, imprescindibili per capire cos’è stata la I Guerra Mondiale per noi italiani.
L’unico “difetto”, se si può definire tale, è che di guerra vera e propria ce n’è ben poca, poiché Cola viene dichiarato inabile ed entra in azione solo negli ultimi capitoli. La colpa non è di Puccini, ma dell’attesa suscitata dalla quarta di copertina: scritta divinamente… da qualcuno che probabilmente non ha letto il libro.
Il finale è di quelli che fanno salire il magone. Non tanto per il dramma, ma per quella voglia di vivere e di voler bene che allora era un po’ di tutti, e oggi è così difficile da trovare anche fra la gente comune.
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