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Tori, toreri e tanta Spagna nel secondo romanzo (?) di Matteo Nucci

Scritto lunedì 10 Ottobre 2011

Voto

6.5

Un pomeriggio, rincasando dopo il lavoro, sento in radio un’intervista a Matteo Nucci. Parla di corride come nessuno ne ha mai parlato. Non usa i termini tortura, atrocità, violenza, spettacolo orripilante ed è già una novità (per me). Spiega che i tori da corrida vengono allevati per 4 anni in semi-libertà e, una volta uccisi, vengono macellati. Insomma: tra gli animali da allevamento sono quelli che fanno la vita migliore. Va peggio ai polli, o agli stessi tori da macello. E nell’eventualità dell’indulto, dopo la corrida li aspetta una vita da toro da monta in un pascolo pieno di vacche.

Incuriosito, compro il libro. Dopo poche pagine rimpiango l’acquisto. La storia è banalotta: un italiano capita in Spagna e impara ad amare le corride. Anni dopo, conosce un ex torero che lo invita a passare alcuni giorni a casa sua. Epilogo drammatico e conciliatore.

Ma non è tanto la trama il problema. La difficoltà più grande è nella forma: più che un romanzo, Il toro non sbaglia mai è un saggio sulla corrida. Si aprono frequenti e ampie dissertazioni storiche, tecniche, romantiche, letterarie, mitologiche sulla corrida, sull’arte del toreare, sui toreri, sui tori, sugli allevatori, sulle piazze, sui popoli, eccetera. Questo per l’80% del libro, che altrimenti sarebbe stato un romanzetto di 50 pagine.

Insomma: oltre al rispetto e all’amore di Matteo Nucci per la tauromachia, c’è altro? C’è altro. La potenza di questo libro atipico è notevole: l’autore non vuole (solo) portarci dalla parte della corrida, ce la fa vivere. L’approccio è quello dell’innamoramento: all’inizio si notato i dettagli superficiali di una donna: il viso, il seno, il sorriso, le gambe (della corrida: un matador e i suoi aiutanti impegnati ad accoppare un toro davanti a una platea da stadio), ma per farci innamorare serve ben altro: piccoli gesti quotidiani che trasformano l’attrazione in amore. Così fa Nucci, raccontandoci tutto quello che sta intorno e “dentro” la corrida.

Alla fine del libro manca una sola cosa: noi alla corrida.

Un momento: vi starete chiedendo se Il toro non sbaglia mai sia un bel libro oppure no. Non so dirvelo perché non è giudicabile col criterio bello/brutto. Piuttosto lo definirei “importante”.

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