La trama de Le montagne della follia
Un gruppo di scienziati si insinua nell’inospitale regione dell’Antartide in cerca di tracce e reperti delle prime ere geologiche del pianeta Terra. Il ritrovamento di alcuni fossili spingono il biologo Lake a tentare una sortita a nord-ovest. I primi rapporti radio sono impressionanti: Lake e i suoi collaboratori hanno ritrovato dei corpi ibernati di esseri anfibi non appartenenti al regno animale e nemmeno vegetale.
L’interruzione improvvisa delle comunicazioni fra Lake e la base Antartica costringe gli uomini rimasti alla base a fare un sopralluogo nel campo a nord-ovest. Quello che li attende è oltre ogni immaginazione.

Un’avventura horror al Polo Sud
Scritto come un diario di viaggio, Le montagne della follia cattura il lettore fin dalla prima pagina, portandolo al centro di un’avventura sci-fi horror nelle regioni estreme del pianeta. Il fascino dell’ambientazione e le capacità di Lovecraft di suscitare curiosità e coltivare un crescendo di mistero e tensione fanno funzionare il giochino a meraviglia per 50 pagine, poi…
Avete presente quei banchieri che vi dicono “sì, adesso è in perdita, ma tra un po’ vedrai che il titolo si ripiglia e andrai in positivo” e tu aspetti, aspetti, aspetti, ma la Borsa va sempre più giù e cominci a dubitare di riavere i tuoi soldi? Ecco, Lovecraft continua a promettere “orrori indicibili”, “segreti ancestrali”, “mostruose nefandezze”, ma non arriva praticamente mai al dunque. Anzi, quando gli uomini del campo base raggiungono l’accampamento di Lake, la prosa si fa distesa, piana, priva di enfasi, invece di cavalcare l’onda di quello che trovano.
Da quel punto in avanti il romanzo diventa soporifero, fino all’avvincente finale, in cui Lovecraft ritrova il piglio migliore: l’azione si fa frenetica, il mistero minaccioso, la tensione palpabile. Purtroppo anche qui, all’apice della tensione, la descrizione dell’entità malvagia fa quasi sorridere. E non vale la giustificazione dell’epoca: erano gli anni ’30 del Novecento e Lovecraft aveva le spalle coperte da una nutrita schiera di grandi scrittori di genere: Poe, Stoker, Shelley, Sheridan Le Fanu, Wells…
Ma il pezzo che mi ha fatto davvero sobbalzare è stato questo:
Sembra fossero in grado di attraversare lo spazio interstellare con grandi ali membranose, confermando in tal modo qualche leggenda folkloristica delle colline raccontatami tanto tempo prima da un collega archeologo. Avevano vissuto a lungo sotto la superficie del mare, dove avevano costruito fantastiche città e combattuto battaglie terrificanti contro avversari indescrivibili con aggeggi complicati che impiegavano principi sconosciuti di energia.
No, non è una supercazzola, anche se ci assomiglia tanto. Provate a visualizzare “fantastiche città”, o “battaglie terrificanti” contro “avversari indescrivibili” armati di “aggeggi complicati” che chiaramente funzionavano con “principi sconosciuti di energia”.
Nonostante queste mancanze e, più in generale, l’incapacità di Lovecraft di scrivere una storia di respiro universale – non c’è traccia di allegorie, metafore o morali di particolare interesse – il romanzo è apprezzabile per originalità, tensione e ritmo.
Continuo a pensare che Lovecraft sia uno scrittore sopravvalutato e che il suo scarso apprezzamento in vita sia giustificato da alcuni problemi rilevabili nei suoi testi. Resta un visionario, un creatore di mondi, uno scrittore che non aveva paura di osare. La sua eredità è enorme, va oltre i suoi meriti letterari e forse per questo il suo nome è sulla bocca di tutti coloro che si confrontano con il genere horror.
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