La trama di Liberaci dal male
I poliziotti Sarchie e Butler stanno indagando su alcuni fatti misteriosi: allo zoo una donna ha gettato il proprio bimbo nella fossa dei leoni; una famiglia pensa di aver la casa posseduta dai fantasmi in seguito alla tinteggiatura del seminterrato; una moglie denuncia le violenze subite dal marito in preda a dei raptus inspiegabili. Cos’hanno in comune questi tre casi? Sono etichettabili come classici episodi di criminalità o nascondono qualcos’altro? L’incontro con padre Mendoza, prete esorcista che ha in cura la donna che ha gettato il figlio ai leoni, li aiuterà a far chiarezza sulla vicenda.
Il film è ispirato al libro Beware the night, scritto dal poliziotto Ralph Sarchie insieme alla giornalista Lisa Collier Cool. La storia che vedete nel film non è realmente accaduta, ma i singoli avvenimenti sono presi dai casi seguiti in prima persona da Sarchie.
Un poliziesco che sfocia con naturalezza nell’horror
Scott Derrickson è un genio, e la sua genialità sta nel girare film horror che non solo solo film dell’orrore. Come avrete intuito dalla trama, il film inizia come un poliziesco. La coppia di poliziotti interpretata dagli ottimi Eric Bana (Black Hawk Down, Troy, Munich) e Joel McHale (Ted, Un anno da leoni) è molto affiatata, e nella prima mezz’ora si rende protagonista di alcune belle scene d’azione e strappa pure delle grasse risate. Poi entra in gioco padre Mendoza / Edgar Ramirez – che aveva già interpretato un prete in The counselor di Ridley Scott – e la musica cambia. Le atmosfere si fanno tetre, la malvagità umana viene sostituita dalla malvagità demoniaca in un crescendo che culmina (manco a dirlo) nell’esorcismo finale.

Liberaci dal male non è un film horror come tanti altri, caratterizzati da un trama inconsistente, attori scadenti e carneficine atte solo a nascondere i buchi di sceneggiatura e l’assenza di talento. Qui c’è una storia ben costruita, ci sono personaggi ben caratterizzati e un orrore che non è fine a sé stesso, sensazionalistico o da copertina come nella maggior parte dei casi, ma vuole esser mostrato nella maniera più realistica possibile. Questa “tattica”, già adottata da Derrickson con maggiore successo in quel capolavoro che è L’esorcismo di Emily Rose (2005), fa sì che il film acquisti maggior spessore e pure maggior potenza orrorifica: la paura va al di là dei soliti “buh!”, per radicarsi nell’animo dello spettatore fino a diventare vero e proprio terrore.

Peccato che, questa volta, non tutto giri alla perfezione. Alcuni dettagli – pochi, ma sono i dettagli che fanno la differenza tra un ottimo film e un capolavoro – non sortiscono l’effetto sperato. Ad esempio The Doors. Sì, proprio i Doors di Jim Morrison. Se vi chiedete cosa c’entrino, ebbene, sappiate che in Liberaci dal male il posseduto crea delle “porte” per far venire il demonio in questo mondo sotto forma di possessione di altri corpi. Quando Sarchie / Eric Bana si avvicina a un posseduto, inizia a sentire le canzoni dei Doors. L’effetto è un po’ pacchiano e le conseguenze sono che le belle canzoni dei Doors spesso stemperano la tensione, invece di acuirla.
Nonostante questo effetto collaterale, il film resta godibilissimo (per quanto possa essere definito godibile un horror) e offre alcuni interessanti riflessioni sul male, sulla fede e sulla confessione, con un giudizio neppure tanto velato sull’intervento americano in Iraq (il posseduto “contrae” il demonio durante una missione in Iraq). Cose che, di solito, in un horror non si trovano.
“L’horror prende il mistero che esiste nel mondo molto seriamente”
Per chi avesse voglia di capire meglio il plus che Derrickson mette negli horror, consiglio questo articolo apparso su Tempi.it, di cui cito solo una frase:
“Nei suoi film, compare sempre qualche prete o pastore protestante: «Sono i personaggi più stereotipati nei film e in tv, non perché esista un’agenda antireligiosa, come credono i conservatori, ma perché a Hollywood la maggior parte dei produttori non ne ha mai incontrato uno».
La citazione
Vi lascio con una frase di padre Mendoza: “Il santo non è un esempio morale, ma un uomo che dà la vita”.

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