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Ryan Adams – Gold

Scritto sabato 6 Settembre 2014

La scaletta di Gold (2001)

  1. New York, New York
  2. Firecracker
  3. Answering Bell
  4. La Cienega Just Smiled
  5. The Rescue Blues
  6. Somehow, Someday
  7. When the Stars Go Blue
  8. Nobody Girl
  9. Sylvia Plath
  10. Enemy Fire
  11. Gonna Make You Love Me
  12. Wild Flowers
  13. Harder Now That It’s Over
  14. Touch, Feel and Lose
  15. Tina Toledo’s Street Walkin’ Blues
  16. Goodnight, Hollywood Blvd.

Voto

8.5

La scaletta di Gold (2001)

  1. New York, New York
  2. Firecracker
  3. Answering Bell
  4. La Cienega Just Smiled
  5. The Rescue Blues
  6. Somehow, Someday
  7. When the Stars Go Blue
  8. Nobody Girl
  9. Sylvia Plath
  10. Enemy Fire
  11. Gonna Make You Love Me
  12. Wild Flowers
  13. Harder Now That It’s Over
  14. Touch, Feel and Lose
  15. Tina Toledo’s Street Walkin’ Blues
  16. Goodnight, Hollywood Blvd.

Il buon vecchio Ryan Adams è uno dei miei preferiti. Per questo a ogni nuovo schifosissimo album mi viene da piangere.

Musicalmente è morto nel 2005. Da lì in poi, solo flop (Easy tiger, Cardinology, Orion). Finché si è sposato e disintossicato. Allora ha sfornato un album discreto – Ashes and fire (2011) – e uno appena sufficiente, chiamato semplicemente Ryan Adams (2014).

Prima, molto prima, l’Adams ha guidato una notevolissima band di alternative country: i Whiskeytown. Dopo 3 album di pregevole fattura, la band si è sciolta e ognuno è andato per la sua strada. Ryan Adams ha esordito con Heartbreaker (2000), una meraviglia a metà fra Springsteen e Dylan (ma direi anche Nick Drake: aggiungere capisaldi a caso è una pratica diffusa, gratuita e che non nuoce alla salute).

Correva l’anno 2002 e manco sapevo chi fosse Ryan Adams

Lo stesso dicasi per i Whiskeytown e forse anche per l’alternative country. Poi lessi una recensione di Gold sulla mitica rivista Rockstar: la lessi così tante volte che mi persuasi che Gold di Ryan Adams dovesse essere un album meraviglioso.

Ai tempi la musica non era accessibile come ora: non c’era YouTube, non c’era Emule, non c’erano i torrent, l’adsl veloce era una chimera (e anche oggi non è che vada poi così veloce al mio paese); l’unica speranza era Napster, ma per scaricare una canzone ci volevano 40 minuti e internet si pagava a ore di connessione. Insomma, o la radio o il negozio di cd.

Neopatentato, guidavo facendo zapping quando intercettai una canzone “americana”.

Ebbi un tuffo al cuore: mi dissi: questo è Ryan Adams. Alzai il volume e ascoltai fino all’ultima nota di New York, New York, e che stupore e quanta gioia quando il dj confermò essere Ryan Adams! Vedete, a quel tempo Ryan Adams non sapevo neanche che voce avesse, ma l’avevo riconosciuto. Un po’ come quando vedi una ragazza e senti di amarla, pur non conoscendola. Poi la conosci e ti innamori sul serio. Con Ryan Adams è andata esattamente così.

Tutto è iniziato con Gold,

è germogliato ripescando Heartbreaker e i Whiskeytown (ordinai gli album in America perché qua non si trovavano) ed è proseguito alla grande con quel terzetto di capolavori che furono Rock n Roll (2003), Love Is Hell I & II (2004) e Cold Roses (2005).
Cold Roses fu la svolta: diede il via alla collaborazione con i Cardinals, fu il primo doppio album di Ryan Adams e fu il primo album del 2005, anno che vide la pubblicazione di altri due dischi: il country melenso di Jacksonville city nights e quel 29 che viveva di episodi felici (29, Strawberry wine e The sadness) e ballate che farebbero addormentare le guardie di Buckingham Palace. Il resto vi è già noto.

Tornando a Gold, già dal titolo si capisce che Ryan Adams era cosciente che stava incidendo il suo capolavoro. Le canzoni filano via che è una meraviglia, in un mix perfetto di cantautorato rock con solide radici country e roots.

Grazie a Dio il rock alla Bruce Springsteen ha la meglio sul country, vengono così fuori le perle più preziose: La cienega just smiled, deliziosa nel suo incedere, sembra Springsteen che canta un brano di Elton John (immagine macabra, lo so); When the stars go blue è il pezzo da tramandare ai posteri, quello che selomettisuconunaragazzaenonlalimoni sei proprio l’ultimo dei falliti:

Firecraker è la più springsteeniana di tutte (e poi giuro che Springsteen non lo nomino più); Answering bell suona come una pacca sulla spalla e non so voi, ma a me piacciono le pacche sulle spalle; Wild flowers arriva come il mascarpone a fine pasto, e qui Ryan Adams si esibisce in un falsetto che sa di millefoglie; e naturalmente New York, New York, incalzante e ariosa come le strade della grande mela (che io ovviamente non ho mai visto).

Insomma, questo è Gold e “gold” vuol dire oro. Promessa mantenuta!

Il disco bonus di Gold

Non contento di aver sfoderato un album straordinario, Ryan Adams aggiunge un disco bonus con 5 canzoni che mica male non sono.

  1. Rosalie Come and Go
  2. The Fools We Are As Men
  3. Sweet Black Magic
  4. The Bar Is a Beautiful Place
  5. Cannonball Days

PS: Wikipedia mi informa di un secondo disco buons contente 2 inediti e una versione live, ma io non l’ho sentito.

2 Commenti

  1. Void

    Bella recensione di un disco a cui sono molto legato…ce l’ho su ora e non mi sembra di essere prossimo ai 50 anni!il cuore pulsa ancora di passione

    Rispondi
    • Martino Savorani

      In effetti Gold è un album che ancora oggi suona fresco e “giovane” come quando uscì, ben 22 anni fa!

      Rispondi

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