Il buon vecchio Ryan Adams è uno dei miei preferiti. Per questo a ogni nuovo schifosissimo album mi viene da piangere.
Musicalmente è morto nel 2005. Da lì in poi, solo flop (Easy tiger, Cardinology, Orion). Finché si è sposato e disintossicato. Allora ha sfornato un album discreto – Ashes and fire (2011) – e uno appena sufficiente, chiamato semplicemente Ryan Adams (2014).
Prima, molto prima, l’Adams ha guidato una notevolissima band di alternative country: i Whiskeytown. Dopo 3 album di pregevole fattura, la band si è sciolta e ognuno è andato per la sua strada. Ryan Adams ha esordito con Heartbreaker (2000), una meraviglia a metà fra Springsteen e Dylan (ma direi anche Nick Drake: aggiungere capisaldi a caso è una pratica diffusa, gratuita e che non nuoce alla salute).
Correva l’anno 2002 e manco sapevo chi fosse Ryan Adams
Lo stesso dicasi per i Whiskeytown e forse anche per l’alternative country. Poi lessi una recensione di Gold sulla mitica rivista Rockstar: la lessi così tante volte che mi persuasi che Gold di Ryan Adams dovesse essere un album meraviglioso.
Ai tempi la musica non era accessibile come ora: non c’era YouTube, non c’era Emule, non c’erano i torrent, l’adsl veloce era una chimera (e anche oggi non è che vada poi così veloce al mio paese); l’unica speranza era Napster, ma per scaricare una canzone ci volevano 40 minuti e internet si pagava a ore di connessione. Insomma, o la radio o il negozio di cd.
Neopatentato, guidavo facendo zapping quando intercettai una canzone “americana”.
Ebbi un tuffo al cuore: mi dissi: questo è Ryan Adams. Alzai il volume e ascoltai fino all’ultima nota di New York, New York, e che stupore e quanta gioia quando il dj confermò essere Ryan Adams! Vedete, a quel tempo Ryan Adams non sapevo neanche che voce avesse, ma l’avevo riconosciuto. Un po’ come quando vedi una ragazza e senti di amarla, pur non conoscendola. Poi la conosci e ti innamori sul serio. Con Ryan Adams è andata esattamente così.
Tutto è iniziato con Gold,
è germogliato ripescando Heartbreaker e i Whiskeytown (ordinai gli album in America perché qua non si trovavano) ed è proseguito alla grande con quel terzetto di capolavori che furono Rock n Roll (2003), Love Is Hell I & II (2004) e Cold Roses (2005).
Cold Roses fu la svolta: diede il via alla collaborazione con i Cardinals, fu il primo doppio album di Ryan Adams e fu il primo album del 2005, anno che vide la pubblicazione di altri due dischi: il country melenso di Jacksonville city nights e quel 29 che viveva di episodi felici (29, Strawberry wine e The sadness) e ballate che farebbero addormentare le guardie di Buckingham Palace. Il resto vi è già noto.
Tornando a Gold, già dal titolo si capisce che Ryan Adams era cosciente che stava incidendo il suo capolavoro. Le canzoni filano via che è una meraviglia, in un mix perfetto di cantautorato rock con solide radici country e roots.
Grazie a Dio il rock alla Bruce Springsteen ha la meglio sul country, vengono così fuori le perle più preziose: La cienega just smiled, deliziosa nel suo incedere, sembra Springsteen che canta un brano di Elton John (immagine macabra, lo so); When the stars go blue è il pezzo da tramandare ai posteri, quello che selomettisuconunaragazzaenonlalimoni sei proprio l’ultimo dei falliti:
Firecraker è la più springsteeniana di tutte (e poi giuro che Springsteen non lo nomino più); Answering bell suona come una pacca sulla spalla e non so voi, ma a me piacciono le pacche sulle spalle; Wild flowers arriva come il mascarpone a fine pasto, e qui Ryan Adams si esibisce in un falsetto che sa di millefoglie; e naturalmente New York, New York, incalzante e ariosa come le strade della grande mela (che io ovviamente non ho mai visto).
Insomma, questo è Gold e “gold” vuol dire oro. Promessa mantenuta!
Il disco bonus di Gold
Non contento di aver sfoderato un album straordinario, Ryan Adams aggiunge un disco bonus con 5 canzoni che mica male non sono.
- Rosalie Come and Go
- The Fools We Are As Men
- Sweet Black Magic
- The Bar Is a Beautiful Place
- Cannonball Days
PS: Wikipedia mi informa di un secondo disco buons contente 2 inediti e una versione live, ma io non l’ho sentito.
Bella recensione di un disco a cui sono molto legato…ce l’ho su ora e non mi sembra di essere prossimo ai 50 anni!il cuore pulsa ancora di passione
In effetti Gold è un album che ancora oggi suona fresco e “giovane” come quando uscì, ben 22 anni fa!