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The Beatles – Abbey Road

Scritto giovedì 10 Febbraio 2011

Voto

Avevo 13 anni quando i Beatles entrarono in casa mia nella forma antiquata ma affascinante della musicassetta di Help! Fu amore a prima vista: definirono il mio standard di lentone sentimentalone con Yesterday e di rock scatenato con Dizzy miss Lizzy, ma la mia preferita rimane quella I’ve just seen a face che ascoltai mille e una volta.

Da lì all’acquisto della loro discografia passarono una decina d’anni. Poi, quando ebbi finalmente tutti e 13 i loro album di studio, mi stancai dei Beatles e passai a tutt’altro (Lou Reed e Davide Van De Sfroos, tanto per fare due nomi che resistono tuttora in cima alle mie preferenze).

Da quel giorno sono trascorsi 5-6 anni: cosa rimane dei Beatles nella mia vita musicale di oggi, giovedì 10 febbraio 2011? Facendo una retrospettiva alquanto sbrigativa, restano un ottimo ricordo, vagonate di canzoncine pop, alcune emerite schifezze e un triduo di album monolitici: Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, il White Album e soprattutto Abbey Road.

cover The Beatles - Abbey RoadSottraendo per un secondo i Beatles dall’aura mitologica che da sempre li circonda, è facile rendersi conto che i primi 4 album – da Please please me a Beatles for sale – sono piuttosto poveri a livello creativo e musicale: alla lunga, stancano.
Da Help! in avanti la crescita è stata costante fino a Sgt. Pepper’s, mentre Abbey Road è il colpo di reni. Ultimo album composto dalla band britannica, è uscito un anno prima di Let it be e presenta alcuni aspetti interessantissimi e, per quanto riguarda i Beatles, unici.

L’album dura la bellezza di 47 minuti: sembra uno scherzo ma, eccetto il White Album (che era un doppio lp, oggi doppio cd), nessuno degli altri album dei Beatles supera i 40 minuti (né li supererà Let it be, fermo a 35). Questo dà l’idea della ripetitività dello schema canzone/album adottato dai Fab Four.

Abbey Road è composto da 17 brani: fino al decimo tutto secondo la norma, da lì in poi si lasciano finalmente andare: 7 istantanee musicali, 7 cannonate libere da schemi e ritornelli. Sorprende il fatto che a scriverle sia stato soprattutto Paul McCartney, che fino ad allora aveva firmato i pezzi più canonici del repertorio (ma c’è chi sostiene che fosse morto 3 anni prima: leggi la leggenda).

Abbey Road fa il sunto di 7 anni di Beatles e lo fa bene con Something e Here comes the sun di Harrison, Come together e I want you di Lennon, Maxwell’s silver hammer e Oh! Darling di McCartney, Octopus’s garden di Ringo Starr; poi, dopo l’orrenda Sun King, riesce ad andare oltre con pezzi come She came in through the bathroom window, Carry the weight e The end.

I Beatles salutano lasciandoci con un dubbio – cos’altro avrebbero potuto creare se non si fossero sciolti poco dopo? – e con una certezza: nella maggioranza degli album precedenti la voglia di sperimentare è stata pari allo zero.

Insomma, fino ad Abbey Road avevano interpretato lo standard in maniera mirabile, suonando un po’ di tutto – dal rock ‘n’ roll alla psichedelica – ma sempre un passo indietro rispetto ai migliori (Chuck Berry, The Kinks, The Who, Rolling Stones, Pink Floyd, Velvet Underground solo per citare i più noti). Non avevano (quasi) rivali solo nelle canzoni pop da 3 minuti, quelle che ancora oggi rappresentano lo standard radiofonico. In Abbey Road hanno rotto gli indugi, poi si sono sciolti e nessuno dei quattro ha più raggiunto questi vertici. Probabilmente George Harrison è stato l’unico a lasciarci un grande album: il triplo lp All things must pass.

Che dire… almeno è stato un bel commiato.

20 Commenti

  1. Massimo

    Cosa avrebbero potuto creare? Forse Scaruffi l’ha detta giusta…con l’avvento dell’hard rock i Beatles non erano in grado di copiare la moda del momento, poiché non ne avevano le capacità tecniche.

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  2. jean7uc

    attenzione: il White Album non era un quadruplo LP, ma un doppio Lp, successivamente ristampato come doppio cd

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  3. Martino Savorani

    jean7uc grazie per la segnalazione! Non sono un professionista ma solo un fan, chissà quante altre imprecisioni ho seminato qua e là. Ho corretto.

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  4. Tommaso

    Ah Scaruffi,Scaruffi…quando finiranno i danni cha stai arrecando ai giovani sprovveduti? La recensione e il primo commento sono chiaramente figli della scheda del Piero.Per inciso i Beatles non erano minimamente interessati all’hard rock (che all’epoca non ottenne alcun successo di critica e fu visto come un fenomeno superficiale per teeneger)e non hanno mai copiato le mode:sono stati influenzati da altri musicisti come tutti!I gusti sono gusti ma come si fa a dire che la libertà compositiva era pari zero?Su quasi 200 brani realizzati in 7 anni non ci sono 2 brani che si somigliano,non hanno mai riciclato una melodia neanche fra i brani scadenti(ed è ovvio che ce ne sono).Ho l’impressione che molti leggono la scheda di Scaruffi e danno per scontato che sia oro colato,leggo spesso critiche ai Beatles (ed è giusto che ci siano,ci mancherebbe…)ma mai una critica che esuli dalla scheda di Scaruffi.

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  5. Martino Savorani

    Ciao Tommaso! Ho scritto libertà compositiva NELLA MAGGIORANZA degli album precedenti. Io, che non sono né un critico né un musicista, ne metto 3 sul piedistallo, gli altri vari gradini sotto.

    E per libertà compositiva non intendo mancanza di idee o ripetitività, ma libertà di esprimerle in maniera innovativa. Ho detto che “Non avevano (quasi) rivali solo nelle canzoni pop da 3 minuti”, infatti non hanno mai inciso un solo brano di 10 minuti: il più lungo è il trip di Revolution 9 (8 min 22 sec) e non è certo molto strumentale… Forse perché tecnicamente non sarebbero stati all’altezza? Chi lo sa.

    Scaruffi lo seguo e lo stimo, ma ogni suo parere non lo abbraccio a orecchie chiuse. Lo leggo e mi chiedo: è veramente così? Poi vado a (ri)ascoltare gli album e decido in piena autonomia.

    Ovviamente questa è una recensione “di rottura”, per stimolare un ascolto “diverso” dei Beatles.
    Grazie del commento!

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    • max

      Sig. Savorani,secondo me lei non e’ ne un vero fans e neppure un intenditore dei Beatles, sono state scritte moltissime recenzioni sull’universo fab, ma ben pochi hanno reso onore all’immortale band. Io personalmente,nel mio piccolo ho avuto modo di ascoltare tutti i grandi gruppi rock,blues,hard e progressive di quei tempi. Ebbene mi sono reso conto che i Beatles sono stati i precursori di tutti questi generi,altro pianeta.
      Saluti.

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      • Martino Savorani

        Max, grazie per il contributo!

        Sono stato, ma non mi definisco più fan dei Beatles. Stimo molto alcuni loro album, come questo e Sgt. Pepper, ma non li cito più tra le mie band preferite da qualche anno.

        In questo sito parlo degli album più importanti per me, esprimo giudizi molto personali, del tutto discutibili dal punto di vista prettamente musicale (non sono un musicista, non sono intonato e faccio fatica anche a ballare a tempo).

        Qui ho recensito altri album di quel periodo, come The twain shall meet di Eric Burdon & The Animals e Indian war whoop degli Holy Modal Rounders. Mi piacerebbe sapere cosa pensa di questi lavori.

        PS: temo che su un punto lei abbia torto: i Beatles con il progressive non c’entrano nulla. Non avevano né la tecnica per suonare prog (non erano grandi musicisti, non lo dico certo io), né la voglia, l’ispirazione o l’intenzione di creare le lunghe suite musicali tipiche del progressive rock.

  6. Tommaso

    Il discorso sulla lunghezza dei brani è uno dei cavalli di battaglia di Scaruffi ma dimostra solo mancanza di argomenti.Non credo che la lunghezza sia indicativa sulla qualità dei brani e parlare di innovazione solo perchè un brano è lungo è veramente comico come non credo che per fare un brano lungo sia richiesta tecnica:i Velvet hanno realizzato Sister Ray,uno dei pochi brani lunghi di quegli anni che non mi annoiano,avendo una tecnica strumentale MOLTO più povera di quella dei Beatles ed è strano che Scaruffi e suoi seguaci non lo notano!Inoltre la tecnica strumentale mi sembra l’elemento meno rilevante nella musica,doti compositive,interpretative e musicali sono molto più importanti.Solo chi deciderà di leggere qualche altro punto di vista oltre quello di Scaruffi,almeno per rendersi conto degli innumerevoli errori che il Piero espone come fatti,potrà giudicare i Beatles con un minimo di obiettività.Affermare che si sono sciolti perchè spaventati dall’hard rock è ridicolo:a parte il fatto che nel momento in cui si sono sciolti erano nel loro momento di massimo successo commerciale,abbey road è stato il loro disco più venduto ed è quindi quanto meno improbabile che fossero spaventati da altri gruppi,ma avevano anticipato l’hard rock con il brano helter skelter prima che si parlasse di hard rock.Dato che quel brano è del ’68,quindi prima dell’esordio dei Led zeppelin,come fanno i seguaci di Scaruffi a non “sospettare” che la loro guida sia leggermente prevenuta?

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  7. Martino Savorani

    Tommaso, non capisco perché non accetti che una persona possa avere un’altra opinione, indipendentemente che sia aderente o no a quella di Scaruffi (fra l’altro, non l’ho citato in questo articolo). Io vedo Scaruffi come un’opportunità, tu come una minaccia. Ma non voglio perdere troppo tempo a parlare di Scaruffi, dal momento che non siamo sul suo portale o su un suo fan club, ma sul sito di un povero aspirante scrittore appassionato di musica e cinema che scrive a tempo perso. Se vuoi contattare il Nemico, il modo per farlo è qui: http://www.scaruffi.com/email.html
    Magari avrai l’onore di finire fra le lettere: http://www.scaruffi.com/vol1/beatles2.html

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  8. Martino Savorani

    PS: tutti hanno letto articoli celebrativi dei Beatles, visto servizi del TG, documentari, eccetera. I mass media ci bombardano tuttora sui Bealtes. Nessuno è immune alla beatlesmania. Come puoi aver pensato il contrario?
    Inoltre, ti trovi su una pagina che celebra un album dei Beatles…

    Ultime 2 cose. A proposito di brani “lunghi”, prova questo del ’67: http://www.youtube.com/watch?v=t2BWB2yHq7k

    E cosa ne pensi di “You really got me” dei Kinks, uscita nel ’64? Ben 4 anni prima di Helter Skelter, canzone che comunque adoro.

    Rispondi
  9. Tommaso

    Conosco da anni quel pezzo dei Red crayola (perchè si da sempre per scontato che chi ascolta i Beatles non conosca la musica?)e mi sembra un buon pezzo sperimentale che alterna valide trovate a momenti dilettanteschi improvvisati sul momento,quel brano dei kinks mi sembra un buon singolo forse invecchiato meno bene di alcuni singoli degli Who o degli Stones.Comunque non ho mai detto che non si possono criticare i Beatles e non ho mai affermato che con helter skelter hanno inventato l’hard rock!Riguardo la posta di Scaruffi mi sembra evidente che quelle lettere di critiche se le è scritte da solo per prepararsi la risposta,non hai notato che sono critiche facili da controbattere?Io gli ho scritto una mail non da fan sfegatato ma di critiche motivate e ovviamente non mi ha pubblicato nè risposto personalmente.Ciao.

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  10. Martino Savorani

    Tommaso, non capisco perché tu sia sempre sulla difensiva. Ti ho consigliato una canzone, non ti ho attaccato! Non conoscendoti di persona, non posso certo sapere se tu l’abbia già sentita oppure no…

    Stessa cosa per l’hard rock: discorso che hai tirato fuori tu e hai portato avanti nei tuoi commenti, relazionandolo con Helter Skelter.

    Se rileggi i commenti, hai basato i tuoi interventi esclusivamente sul commento di 3 righe di Massimo… Forse quando commenti forse ti lasci trascinare troppo dall’emotività.

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  11. massimiliano paolini

    Sig. Savorani come fa a dire che i Beatles musicalmente non erano eccelsi? Quali sono le sue prove? Forse quelle che si inventa Scaruffi….Mc Cartney era ed e’ considerato uno dei migliori bassisti rock, Harrison e’ stato il maestro della slide-guitar, Starr e’ sempre stato molto apprezzato addirittura da intenditori jazz per la sua precisione e particolare articolazione del drumming,Lennon grande compositore e forse non grande strumentista. Come lei giustamente ammette di non saper suonare o cantare ammetta di non sapere molto sull’arte e la musica del piu’ grande gruppo rock di tutti i tempi. Senza offesa……………..

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    • Martino Savorani

      Gentile signor Paolini, grazie per il suo punto di vista. In effetti io non sono un esperto, ma basta ascoltare le band contemporanee dei Beatles per capire la differenza. McCartney è considerato uno dei migliori dai lettori di Rolling Stone che, musicalmente, è l’equivalente degli Harmony per la letteratura. Dia un’occhiata a questa classifica, composta da una rivista di settore: http://metalitalia.com/articolo/la-classifica-dei-migliori-bassisti-metal-e-hard-rock-secondo-gibson-com/
      Per Ringo Starr parla anche la sua carriera, pressoché inesistente. Addirittura su Wikipedia mettono in dubbio le sue capacità.
      Harrison è quello che apprezzo di più, anche per i suoi lavori da solista, ma non oserei metterlo fra i migliori chitarristi.
      Diciamo che se non ci fossero state band come Zeppelin, Who, Pink Floyd, Rolling Stones, formate da veri maestri, allora sì che i Beatles potrebbero essere considerati eccelsi musicalmente. Per non parlare dei virtuosi del prog (Yes, ELP, Rush…) e del metal. Ma, ahiloro, sono esistiti ed è a loro che vanno paragonati.

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  12. massimiliano paolini

    Definire Rolling Stones veri maestri mi sembra una eresia,nettamente inferiori ai Beatles su tutto. Comunque noto con vivo rincrescimento che lei al pari di Scaruffi usa il paraocchi,di conseguenza con la presente chiudo definitivamente il discorso. Auguri per la sua carriera.

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    • Martino Savorani

      Il dibattito Beatles Vs Stones non l’ho inventato di certo io, ma a quanto pare l’ha chiuso lei. Forse abbiamo semplicemente paraocchi diversi.

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  13. massimiliano paolini

    r, eppure l’influenza di John Lennon e soci sui più svariati gruppi metal è tangibile…

    Di GIULIO BELZER

    Ricordo molto bene un certo pomeriggio della seconda metà degli anni ’90: ero in un’aula dell’Accademia di Belle Arti e stavo disegnando svogliatamente quando sentii un mio compagno di corso appassionato di musica metal che, chiacchierando con altri ragazzi, iniziò a denigrare i Beatles e le loro canzoni pop melense e stucchevoli. Allora ero un tipo molto più riservato e introverso di quanto sia oggi, quindi mi guardai bene dal partecipare alla discussione. Ma dentro di me friggevo. Morivo dalla voglia di spiegargli che in realtà quei brani avevano ispirato e influenzato molti dei suoi idoli e che quindi erano in qualche modo finiti anche nei dischi che ascoltava ogni giorno, come d’altronde in tante altre registrazioni prodotte dagli anni ’70 ad oggi. Sì perché, senza arrivare agli estremi lirici di William Burroughs (che dichiarò che i Fab Four erano “agenti evoluzionari inviati da Dio per creare una nuova specie”), ancora oggi posso affermare in tutta serenità che la musica degli ultimi 40 anni non suonerebbe come suona oggi senza il lavoro di quei quattro ragazzi (e il fondamentale apporto di George Martin). Metal compreso. Intendiamoci, non voglio dire che i Beatles hanno inventato il genere (come a volte si legge in giro), ma che hanno gettato alcuni semi che sono stati colti e portati a maturazione da altri grandi musicisti.
    Uno di questi semi originari si trova nell’intro di ‘I feel fine’, che presenta il primo feedback di chitarra mai inciso su vinile (battendo sul tempo lo stesso Hendrix): una novità assoluta per l’epoca, un suono riproposto successivamente nel finale di ‘Penny Lane’ e (con un risultato decisamente più moderno e fragoroso) all’inizio di ‘It’s all too much’. Suoni di chitarra particolarmente saturi si possono ascoltare anche nella versione su 45 giri di ‘Revolution’ (grazie all’uso del fuzz-tone e alla registrazione realizzata in collegamento diretto con il banco di regia), in ‘Yer blues’ e negli assoli di ‘Taxman’ e ‘Happiness is a warm gun’. Ma la chitarra non era l’unico strumento a venire processato in maniera pesante durante le sessioni di registrazione ad Abbey Road. Per rendersene conto, basta ascoltare il suono profondo e risonante di alcune batterie ottenuto con accordature “lente” dei tom, compressioni e registrazioni realizzate a velocità accelerata per ottenere un effetto più potente una volta mandato il nastro magnetico a dei giri più lenti (ascoltate ‘Rain’ o ‘Tomorrow never knows’ per avere un’idea di questa tecnica). La stessa ricerca di suoni nuovi che ha ispirato queste registrazioni, ha portato i quattro di Liverpool a soluzioni molto sperimentali per gli anni ’60, ma che oggi costituiscono uno standard per i generi musicali più estremi. Come non citare ‘Think for yourself’, con il suo basso distorto (oggi un tratto distintivo del metal) o alcune equalizzazioni particolarmente metalliche dello stesso strumento presenti in pezzi come ‘Helter skelter’? Già, ‘Helter skelter’, ci siamo arrivati. Il brano beatlesiano proto-metal per eccellenza, scritto da Paul McCartney con l’intento di realizzare qualcosa di più pesante e rumoroso di ‘I can see for miles’ degli Who. La registrazione della canzone presente nel ‘White album’ è un vera miniera d’oro di soluzioni e suoni heavy: chitarre in drop D suonate con power chords, batteria dal suono potente e profondo, il già citato basso metallico e la voce tirata fino a quegli acuti che negli anni successivi sarebbero diventati un marchio di fabbrica del metal. Ma un altro brano è forse ancora più strettamente legato alla nascita di questo genere: ‘I want you’. Il cupo incedere delle progressioni chitarristiche nella coda della traccia fu un vero e proprio campanello d’allarme per le orecchie di un turbolento giovane di Birmingham: John Michael Osbourne, detto Ozzy. In realtà il giovane musicista era già stato folgorato alcuni anni prima da She loves you, pezzo che gli chiarì le idee su quale sarebbe stata la sua futura occupazione: la musica. Ma il suono oscuro e potente del brano contenuto nell’album Abbey Road ebbe la capacità di indicargli la rotta stilistica, suggerendogli il mondo tetro e pesante che avrebbe messo in musica insieme ai suoi Black Sabbath. Ozzy non fu l’unico musicista metal ad essere stato influenzato dai quattro di Liverpool.
    Il fatto che la sorella maggiore di Dave Mustaine si chiamasse Michelle, ad esempio, spinse il musicista ad approfondire la conoscenza dell’omonimo pezzo dei Beatles: un ascolto che lo segnerà per sempre. “Venni catturato dal fatto che cantavano in francese” dichiarò il cantate e c’è chi è pronto a scommettere che questo ebbe una certa influenza nella composizione di ‘A tout le monde’. Inoltre la tecnica chitarristica nel suonare certi accordi sospesi cambiando solo la tonica, presente in alcuni brani dei Fab four, venne assimilata da Mustaine e proposta in molti pezzi dei Megadeth.
    Ma ci sono gruppi che hanno reso omaggio alla musica degli Scarafaggi in maniera ancora più esplicita, inserendo nel proprio repertorio alcune cover dei loro grandi successi. E’ il caso dei Deep Purple e delle loro memorabili versioni di ‘We can work it out’, ‘Help!’ e ‘With a little help from my friends’, o di Ian Gillan con la sua ‘Helter skelter’, rifatta anche dai Motley Crue. Gli americani Trouble hanno rivisitato ‘Come together’ in chiave doom metal e i fuoriclasse Helloween hanno trasformato il twist di ‘All my loving’ in un energico power metal. Anche i grandissimi Scorpions non potevano rimanere indifferenti ai nostri 4 e il loro omaggio di ‘Across the universe’ li conferma ancora una volta i numeri uno nelle ballad .Gli attualissimi Ghost hanno inciso una versione quasi irriconoscibile ma affascinante di ‘Her comes the sun’ e gli svizzeri Coroner si sono cimentati con la già citata ‘I want you’. Infine, come non citare il personaggio forse più carismatico del movimento metal, Lemmy dei Motorhead con la sua ‘Back in U.S.S.R.’? Addirittura c’è chi ha intitolato un proprio disco citando un famoso album beatlesiano, portandolo, però, al suo opposto cromatico: vi ricorda qualcosa “The Black Album”? Una citazione resa ancora più fedele dal fatto che, anche in questo caso, il titolo ufficiale del disco sarebbe in realtà il nome del gruppo che lo ha inciso: Metallica. Metallica che qualche anno fa si fondono profondamente con i Beatles nell’universo trasversale dei divertenti Beatallica, ovvero Jaymz Lennfield, Grg Hammetson, Kliff McBurtney e Ringo Larz, capaci di unire le due band attraverso irresistibili tracce come ‘The Thing That Should Not Let It Be’ o ‘All You Need Is Blood’. E se musicisti come Rob Halford affermano che Sgt. Pepper è una pietra miliare, Gene Simmons arriva addirittura a dichiararsi “figlio dei Beatles”. E questi non sono che i casi più clamorosi e autorevoli.
    Come dicevo, i Beatles non hanno inventato il metal, ma (con buona pace del mio vecchio compagno di studi) hanno influenzato molti artisti metal e, più in generale, con i loro esperimenti hanno suggerito alcuni degli sviluppi della musica che sarebbe nata negli anni a venire. Nella loro carriera non solo hanno giocato con i generi più disparati, ma sono arrivati addirittura ad anticiparne di nuovi.
    Mi sto accorgendo di quanto questo sia vero da quando ho iniziato a suonare nei Beatzone, un progetto acustico in cui ci divertiamo a rivedere i brani dei Fab four con arrangiamenti nuovi, ispirati ai più svariati generi musicali (blues, bossa nova, reggae, funk rock, bluegrass e altro). Durante le nostre prove, più di una volta abbiamo avuto la netta sensazione che il nuovo “vestito” che stavamo cucendo sul brano in realtà fosse sempre stato lì, già presente nel pezzo originale, come una misteriosa traccia segreta nascosta nel mixaggio, registrata durante una di quelle straordinarie sessioni agli Abbey Road Studios. Chi volesse sapere di più sul nostro progetto, può venire a trovarci all’indirizzo https://www.facebook.com/beatzonegenova . Anche il mio vecchio compagno di corso.

    THE FAB TEN

    L’interessante articolo di Giulio Belzer, un autentico Beatles-maniaco, è stato spunto per un divertente giochino all’interno della redazione di Metal Hammer. Abbiamo indetto un sondaggio per stilare la nostra personale Top 10 di cover beatlesiane firmate da gruppi puramente metal, e le sorprese non sono di certo mancate:

    1. ‘Helter Skelter’ – Motley Crue
    2. ‘I Want You’ – Coroner
    3. ‘Here Comes The Sun’ – Ghost B.C
    4. ‘Eleanor Rigby’ – Pain
    5. ‘Come Together’ – Trouble
    6. ‘Hey Jude’ – Black Label Society
    7. ‘Day Tripper’ – Whitesnake
    8. ‘Lucy in the Sky with Diamonds’ – The Black Crowes
    9. ‘Helter Skelter’ – Spite Extreme Wing
    10. ‘Revolution’ – Running Wild

    Ma ne sono rimaste fuori tante, dai nostri Labyrinth e la loro versione di ‘Come Together’ alla psichedelica ‘I Am The Walrus’ rifatta dagli Styx, da ‘It’s All Too Much’ dei Journey alla versione alternativa di ‘Come Together’ proposta dai Soundgarden. Ma sono ancora moltissime le cover dei Beatles rifatte in chiave metal, qualcuna ci è sfuggita, altre non le abbiamo considerate…se volete mettervi alla prova e dire la vostra, il gioco è aperto, noi siamo qui…

    Leggi di più su: MOTLEY CRUE.

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    • Martino Savorani

      “Con la presente chiudo definitivamente il discorso” Massimiliano Paolini, martedì 13 dicembre 2016 alle 19:38. Noto che non è una persona di parola, ma di parole: ne ha copincollate parecchie! Ovviamente non le ho lette tutte, ciononostante la ringrazio: con la sua ostinazione sta dando più visibilità a questa breve recensione di un bell’album dei Beatles.

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  14. Deep Blue

    Dire che Beatles non abbiano inventato nulla vuol dire non avere memoria storica. Per chi non ha vissuto quegli anni (cioe’ per chi non ha sentito in diretta Strawberry Fields Forever piombare da un mondo alieno sul nostro) ci sono diversi documentari dove musicisti come Elvis Costello testimoniano delle sorprese musicali dei 4 gia’ prima di Sgt Pepper. Chiedete ai Pink Floyd quando si dissero tra loro “cavolo…lo hanno fatto! ora possiamo farlo anche noi!”. per chiudere due cosette: SUN KING bellissima! I Beatles di Helter Skelter non hanno nulla a che vedere con il Metal (che allo stato attuale naviga su acque lontanissime da quelle solcate dai 4) musica underground di altissimo livello culturale musicale che andrebbe ascoltata approfonditamente prima di dire scemenze al riguardo

    Rispondi
    • Martino Savorani

      Deep Blue, grazie per il tuo contributo! Muovo solo un’osservazione: è molto più facile giudicare ora i Beatles rispetto a chi ha vissuto quegli anni, perché… beh, oggi abbiamo molti più elementi in mano. Ad esempio tu citi l’avvento dell’album alieno Strawberry fields, che sicuramente è stato proposto al pubblico con tutti gli onori dovuti alla loro fama, già enorme. Ma pensa a quanti hanno ascoltato The Velvet Underground & Nico: fu un clamoroso insuccesso commerciale, molto probabilmente chi ha vissuto quegli anni non l’ha nemmeno sentito nominare!

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