Il Natale non è una cosa semplice. Parola di San Giuseppe

22 Dic 2017 | Sul vivere | 0 commenti

Sarà che il tempo passa (per tutti lo sai / Nessuno indietro lo riporterà, neppure noi) e ho su per giù l’età che doveva avere Giuseppe quando è nato Gesù, o forse che ogni anno il vangelo di Avvento riesce a pungolarmi con un passo diverso, fatto sta che questo Natale il mio personale occhio di bue è puntato su san Giuseppe.

Per quanto possa essere una lieta novella la nascita di un bambino, mai figliolo mise più in imbarazzo i propri genitori: Maria si trovò incinta vergine, Giuseppe si prese in casa la fidanzata inguaiata da un Altro.

Il vangelo di Matteo non fa sconti e tratta la vicenda in modo didascalico:

Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.

Già qui ce n’è abbastanza per rodersi il fegato fino all’osso (se solo ci fosse un osso nel fegato). Sentirsi dire dalla giovane fidanzata che è incinta è un bel colpo, soprattutto se non l’hai mai sfiorata; se poi aggiunge che non è stato un uomo, ma lo Spirito Santo, beh, c’è da uscir di testa. Capitasse oggi, avremmo almeno un precedente da citare, ma allora era proprio una roba mai sentita, una novità assoluta. Infatti Giuseppe non la prese benissimo:

Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto.

Insomma: ognuno per la sua strada e amici come prima, forse il modo migliore per chiudere l’incresciosa vicenda. Ma Dio aveva altri piani per lui

Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».

Il sonno travagliato di Giuseppe viene riempito da una sorta di seconda annunciazione: un angelo conferma la versione di Maria e profetizza il ruolo di Gesù nel mondo. Già che c’è, l’angelo gli dice anche come chiamarlo. In pratica Giuseppe viene assunto a tempo indeterminato come badante del Figlio di Dio.

Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù.

Giuseppe, che doveva essere un pezzo di pane, fa come dice l’angelo. Probabilmente obbedisce con la coda tra le gambe, come un cane quando il padrone gli impedisce di seguire l’istinto.

Matteo affonda la lama specificando “senza che egli la conoscesse”, e si parla di conoscenza biblica. Alzi la mano chi avrebbe voluto essere nei panni di Giuseppe.

“Che egli chiamò Gesù”

Poi però, le ultime quattro parole del primo capitolo del vangelo di Matteo cambiano tutto: “che egli chiamò Gesù”. Fino ad allora Giuseppe, travolto dagli eventi, si era mosso come seguendo la corrente, ché di alternative ne aveva poche – mica poteva abbandonare la donna incinta di chi avrebbe salvato il suo popolo!?!

Quando Maria dà alla luce il bambino, qualcosa si sblocca in Giuseppe. Evidentemente le parole e le profezie non bastavano, ci voleva qualcosa di concreto per farlo balzare in piedi e renderlo presenza attiva e partecipe della gloria di Dio. Ci voleva Gesù.

Come lo vede, il cuore gli si riempie di gioia e tutte le pene patite fino a quel giorno si volatilizzano all’istante. E lo chiamò Gesù. Non “come ordinato dall’angelo”, non “come suggerito da Maria”, ma “egli lo chiamò Gesù”: Giuseppe vive la volontà di Dio, la incarna, e diventa protagonista.

Nel mio presepe la statuina di Giuseppe ha la faccia stanca – ha pure le occhiaie – ma lieta (la foto non rende bene, se siete in zona fate un salto da me).

San Giuseppe, statuina del presepe, Natale 2017

Che io sappia, non è capitato a nessun altro uomo una cosa come quella di Giuseppe, ma a tutti è capitato di soffrire una situazione, che si tratti di dover stendere una lavatrice di mutande – vanno appese una a una, da diventare pazzi -, di una malattia o di una separazione.

Lì per lì cerchiamo di farcela con le nostre forze, spesso perdendoci il gusto della vita (ripudiare in segreto una donna non è poi sta gran figata). Ma se con l’aiuto di un angelo, cioè di un amico, un parente, il vicino di casa o il prete, riusciamo a fare un passo, quello apparentemente più difficile, e abbracciamo la realtà come ha fatto Giuseppe, allora tutto cambia.

Ok, avremo la faccia stanca – le occhiaie in questa vita non ce le leva nessuno – ma lieta, come il san Giuseppe del mio presepe. Perché Gesù è lì che ci aspetta, sta a noi non tirarci indietro.

Il Natale arriva per ricordacelo, ancora una volta.

Buon Natale a tutti!

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