La Pasqua, una storia di uomini e galli

19 Apr 2014 | Sul vivere | 0 commenti

Si avvicina la Pasqua di Risurrezione e, come per ogni grossa festa comandata, arriva puntale il mio predicozzo. Questa volta volevo trattenermi, lasciare andare, rimandare magari alla Pentecoste. Ma poi, ieri, ascoltando le letture, il pescatore Pietro mi ha sferrato un destro dritto al cuore che ha messo in moto un lavorio di cuore e mente che trattenersi è impossibile.

Pietro lo vedo qui, davanti a me: un uomo robusto, un po’ tozzo, assomiglia ai contadini romagnoli. È un semplice, un impulsivo: dice quello che pensa, ragiona col cuore.

Quando Gesù gli dice “In verità ti dico: proprio tu oggi, in questa stessa notte, prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte”, Pietro “con grande insistenza” replica: “Se anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò“.

Non ti rinnegherò, non ti negherò, non ti tradirò. Direi lo stesso alle persone più care che conosco. Per quanto riguarda il “morire con te”, ecco, se proprio non se ne può fare a meno… vedremo dai, quando capita l’occasione…

Invece Pietro è certo: “se anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò”.

Qualche ora più tardi Pietro lo rinnegò ben tre volte “imprecando e giurando”: “Non conosco quell’uomo!”. Qualche ora, non mesi o anni. E il gallo cantò.

"Il diniego di San Pietro" di Gerrit van Honthorst
La negazione di Pietro di Gerrit van Honthorst (immagine di pubblico dominio)

Pietro, colui che Gesù investì primo papa: “tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”. Sempre lo stesso Pietro che Gesù apostrofò così: “Lungi da me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”.

Che mazzate sul povero Pietro. Eppure Pietro il rinnegatore, Pietro Satana, divenne capo dei dodici apostoli e della prima chiesa cristiana.

Non sono stati il rinnegamento, l’errore, la debolezza a definire la vita e il destino del pescatore Pietro. È stato quell’impeto genuino, sanguigno che gli ha fatto esclamare “Se anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò”, è stato l’attaccamento a Gesù. Un attaccamento che non gli ha impedito di sbagliare, ma l’ha fatto correre per mezzo mondo ad annunciare il Vangelo, fino a Roma, dove ha trovato il martirio.

Con questo cosa voglio dire?

Il cuore, l’impeto di Pietro li sento miei. A volte li soffoco, altre – come ieri – esplodono in tutta la loro autenticità. È in quei momenti che mi viene voglia di vivere, e di vivere bene. (In)seguendo un’attrattiva. E pazienza se qualche gallo canterà.

Questo, davvero, è l’unico motivo per cui mi sento di augurarvi buona Pasqua.

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