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Tra l’una e gli altri: Il Sessantotto di Elisa Bergamaschi Zari

Scritto mercoledì 16 Giugno 2010

Voto

8

Tra l’una e gli altri (La Vita Felice, Milano 2003) ripercorre la contestazione sessantottina dalla sua nascita fino al 1974.

Se dovessi scegliere un aggettivo per definire questo libro di Elisa Bergamaschi Zari, opterei per “nudo”.

Nudo perché racconta le cose così come sono state viste e vissute da Livia, spettatrice degli eventi di quell’infuocata primavera (o autunno?) italiano.

Nudo perché è una lettura che ti “sveste” di tutti quei preconcetti che hanno generato la personale presa di posizione rispetto al Sessantotto: sia per chi lo ricorda / immagina / sogna come un momento d’oro, sia per chi lo etichetta come un’epoca buia.

Nudo perché pian piano ti pone di fronte a fatti che superano i confini temporali e culturali. Questo romanzo stimola la presa di posizione del lettore, richiede un lavoro interiore e un giudizio storico.
Va anche detto che è “solo” un romanzo e, come tale, ha alcune pecche: la principale è la mancanza del punto di vista di coloro che erano considerati il Potere, ovvero i politici, i prefetti, i capi della polizia, i rettori, la Chiesa. Anche loro sono “personaggi” del romanzo, ma le loro posizioni vengono presentate, filtrate, dalle bocche dei protagonisti.

Appunto, i protagonisti. La vicenda è raccontata da Livia, maestrina milanese proveniente da una famiglia benestante, di tradizione cattolica, di un paese della provincia lombarda. Si innamora quasi subito di Ranieri, fratello di un’amica e figlio di un industriale di successo. Ranieri non segue le orme del padre, si dedica all’insegnamento e viva la protesta da protagonista: dapprima come spettatore interessato, poi sempre più partecipe, fino a fondare un gruppo extraparlamentare (PIC: Per Il Comunismo) in cui gravitano i personaggi più disparati.

La Storia all’inizio rimane sullo sfondo poi, col passare delle pagine, diventa protagonista e allontana sempre più Ranieri da Livia (che nel frattempo si sono sposati).

In mezzo c’è tutto. La contestazione con tanto di nomi e cognomi, le Brigate Rosse, i fascisti, Potere Operaio, Luigi Calabresi, Rumor, don Milani, le manifestazioni, Mario Capanna, le università occupate, gli scontri in piazza, Annarumma… Ma anche il confronto genitori-figli, la semplice gente di paese, che la domenica va in chiesa e non sa cosa sia uno sciopero, contrapposta a chi dedica la vita a una rivoluzione politica e culturale che rimarrà in parte utopia; i comizi, i preti proletari, i manganelli dei poliziotti e le molotov dei manifestanti, gli attentati di piazza Fontana e piazza della Loggia, gli scioperi fiume, i “padroni” fuori di testa, i lavoratori senza pane e lo scontro insegnanti-genitori.

Il tutto in totale assenza del senno di poi: è questa la forza di Tra l’una e gli altri. Oggi pare assurdo che solo cinquant’anni fa qualcuno considerasse Mao (il cui buon governo causò 70 milioni di morti, tra repressioni e carestie indotte) e la Cina un modello da imitare e osannare, eppure era così.

Venendo al dunque, proprio l’autentica aria sessantottina che si respira nel libro genera domande fondamentali per l’uomo di oggi come di allora. In casi estremi, la violenza è giusta? Cosa sostiene la vita delle persone: grandi sogni o fatti concreti? L’aborto e altre battaglie del femminismo sono davvero a sostegno dell’umanità della donna? Ma anche: perché vale la pena essere fedeli? Cosa significa un figlio? Qual è il rapporto più vero tra padroni e operai, marito e moglie?

Tra l’una e gli altri non dà risposte ma aiuta a porsi domande. Anche per questo è forse la mia lettura preferita tra i libri scritti negli ultimi dieci anni.

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