Home 9 Film 9 Filmbrutti 9 Arrapaho (1984)

Arrapaho (1984)

Recensito martedì 29 Agosto 2023
Anno: 1984
Durata: 76 minuti
Regia: Ciro Ippolito
Sceneggiatura: Ciro Ippolito, Daniele Pace, Silvano Ambrogi
Produttore: Ciro Ippolito
Cast: Urs Althaus, Daniele Pace, Tinì Cansino, Alfredo Cerruti, Armando Marra

Erano anni che ronzavo intorno ad Arrapaho, morendo dalla curiosità di vederlo e al contempo timoroso di avventurarmi da solo nella senz'altro mirifica esperienza. Finché una notte di fine estate, col mio istinto di autoconservazione portato ai minimi termini da una tormentosa lombalgia, osai l'inosabile, in solitaria come Marco Pantani sull'Alpe d'Huez, e vidi Arrapaho!

Voto

2

Erano anni che ronzavo intorno ad Arrapaho, morendo dalla curiosità di vederlo e al contempo timoroso di avventurarmi da solo nella senz'altro mirifica esperienza. Finché una notte di fine estate, col mio istinto di autoconservazione portato ai minimi termini da una tormentosa lombalgia, osai l'inosabile, in solitaria come Marco Pantani sull'Alpe d'Huez, e vidi Arrapaho!

Guarda la video-recensione di Arrapaho

La trama di Arrapaho

Il film narra l’intrigo amoroso che coinvolge Scella Pezza della tribù dei Cefaloni, Arrapaho degli… Arrapaho e Luna Caprese dei Froceyenne (!).

La bella e nudissima Tinì Cansino (s)veste i panni di Scella Pezza, la figlia del capo indiano Palla Pesante (Daniele Pace degli Squallor) promessa sposa a Cavallo Pazzo. Ma lei ha occhi solo per Arrapaho, l’aitante indiano interpretato da Urs Althaus, il leggendario Aristoteles de L’allenatore nel pallone! Il loro sogno d’amore si realizzerà solo grazie all’aiuto dei froceyenne Luna Caprese e Latte Macchiato…

Arrapaho è…

È è è… un miracolo, un obbrobrio, una cazzata disumana, un’insulsaggine sotto forma di film, un dito nell’occhio allo spettatore. La tremenda creazione di Ciro Ippolito è un’opera talmente senza senso, fuori da ogni logica, che finisce per essere leggendaria.

“il più brutto film della storia del cinema italiano”

Questo il parere del noto critico cinematografico Morando Morandini, che però all’epoca non aveva ancora visto Alex l’ariete. Le differenze tra i due titoli sono evidenti, non dico di no, a partire dalle intenzioni: Alex l’ariete voleva essere una commedia poliziesca, ma ha fallito sotto tutti i punti di vista, mentre Arrapaho mirava dichiaratamente al trash, con risultati disastrosi. Infatti un conto è il trash divertente, a tratti geniali, di film come Attila flagello di Dio, un conto è Arrapaho, che di geniale ha solo il titolo – questo gli va concesso.

Come trasformare un cortometraggio in un lungometraggio

I 9 intermezzi di Arrapaho

C’è un piccolo dettaglio che non vi ho ancora detto di Arrapaho: la vicenda principale, ambientata nei villaggi indiani di un improbabile West, è inframmezzata da ben 9 “break”, scene a sé, di ambientazione contemporanea e che non c’entrano assolutamente nulla con la storia principale.

Si va dalle finte pubblicità alla saga di un impiegato che non riesce mai a salire sul tram, passando per Pierpaolo, un figlio degenerato che fa la bella vita coi soldi del padre, e Berta, una ragazza che riceve la visita di un ex che vuole “spaccarle il colon”. Gli intenti comici sono evidenti, ma non fanno mai centro, anzi, stupisce l’incapacità di strappare una risata col turpiloquio. Quello che rimane di questi intermezzi è una sorta di malessere che si avvicina all’esperienza del vuoto assoluto (di valori, di umanità, di intelligenza, di gusto, di sentimento).

Ma allora perché Ciro Ippolito li ha inseriti nel film? Semplice: per fare minutaggio. Senza questi intermezzi Arrapaho sarebbe stato lungo 40 minuti. E badate bene: l’idea di farcire un film con spezzoni avulsi sarebbe stata geniale, se non fosse stata realizzata in modo imbarazzante.

L’epilogo

Allo stesso modo, gli ultimi 9 minuti di girato hanno il solo scopo di spingere Arrapaho oltre la soglia dei 70 minuti. La scena, stavolta, è leggermente meno tremenda del resto del film e mostra l’ingresso dei figuranti dell’Aida all’Arena di Verona, con Arrapaho ad accompagnare la principessa etiope.

Menzioni speciali

Daniele Pace

Doverosa menzione speciale per Daniele Pace, co-autore della sceneggiatura e tra i protagonisti del film nei panni di Palla Pesante.

La sua prova attoriale è mortificante. Molte frasi le ha improvvisate sul momento, come rivelato da Tinì Cansino, con risultati tutt’altro che apprezzabili: alla ricerca ostinata del nonsense, ottiene l’assenza di senso. Per non parlare delle volte che si impappina; ma tale scempio, forse involontario, è probabilmente stato giudicato un valore aggiunto al trash della pellicola: non mi spiego altrimenti la scelta di non rifare certe scene.

Forse, dopotutto, è giusto così: visto che il film faceva cagare, tanto valeva spingere all’estremo il fattore trash. In questo senso Daniele Pace è stata la ciliegina.

Alfredo Cerruti, il narratore

Una delle poche cose riuscite di Arrapaho è la voce narrante di Alfredo Cerruti, protagonista dell’ispirata introduzione che mi aveva illuso di trovarmi di fronte a una perla, di Serie B ma pur sempre una perla.

Bisogna riconoscere a Cerruti delle doti artistiche, la sua “parlata” ha nel tono e nella cadenza una comicità intrinseca che trovo irresistibile. Peccato che dopo l’introduzione la scrittura dei suoi interventi sia calata vertiginosamente, accodandosi alla mediocrità del resto.

Le musiche

L’aria principale di Arrapaho è proprio azzeccata, bisogno ammetterlo: sottolinea con ironia e un certo gusto classico le immagini. Per il resto, sono state usate alcune canzoni degli Squallor davvero pessime, sia come musica che come testi. Direte voi: “da una band con un tal nome non ci si può aspettare Shakespeare”, ma qualcosa di meglio era auspicabile.

Ciao, vediti Arrapaho!

Purtroppo Arrapaho è disponibile in versione integrale su YouTube. Clicca qui per vederlo!

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.