Il 17 agosto ho visto gli Oasis al Croke Park di Dublino. Seguo gli Oasis dal 1997, Be here now è il primo cd che ho comprato in vita mia e il mio preferito in assoluto, non certo per meriti prettamente musicali: ormai fa parte di me come un polpaccio, un rene, un orecchio.
Premetto che gli Oasis li avevo già visti in concerto:
- nel 2000 all’Heineken Jammin’ Festival di Imola: andai al mio primo concerto da solo, 16 enne, e venni “adottato” da un gruppetto di ragazzi e ragazze più grandi che mi presero in simpatia o ebbero pietà di me. Vidi il concerto dalle prime file: c’era solo Liam perché Noel, dopo una lite furiosa col fratello, aveva abbandonato il tour. Esperienza memorabile, concerto non indimenticabile.
- nel 2002 al BPA Palace di Pesaro: per questo concerto avevo vinto un biglietto gratuito con la rivista Rockstar… ma avevo già comprato il biglietto! Si può essere più sfigati di così? (Rivenderlo era impossibile, l’hype per gli Oasis era ai minimi storici e non riempirono nemmeno il palazzetto). Fu l’unico concerto “normale” degli Oasis che vidi, cioè con entrambi i fratelli presenti sul palco dall’inizio alla fine. Durò 1 ora e 25 minuti: il minimo sindacale. Che cazzoni!
- nel 2005, sempre all’Heineken Jammin’ Festival di Imola: concerto tra il ridicolo e l’indecente. I fratelli salgono sul palco, Liam canta un paio di canzoni e se ne va, apparentemente senza motivo. Noel, rimasto solo, canta una decina di canzoni con l’aiuto del pubblico, giusto per raggiungere il timing minimo per essere pagato, e saluta tutti. Un fiasco totale, ma oggi posso dire: io c’ero!
Vai con l’aperitivo: i Cast e Richard Ashcroft
Venendo al concerto di Dublino, in apertura si sono esibiti i Cast, un gruppo brit-pop di inizio anni ’90. Erano carichissimi, una carica non sempre accompagnata da canzoni all’altezza, ma pezzi come Funtime e Alright (l’unica che conoscevo) li hanno resi un ascolto piacevolissimo.
Poi è salito sul palco Richard Ashcroft, un artista che apprezzo molto non solo per quanto fatto nei Verve (principalmente in Urban hymns) ma anche per i testi delle canzoni, in alcuni casi ricchi di umanità e spiritualità. Mi sono emozionato molto ascoltando Lucky man, che è una delle mie canzoni preferite, e The drugs don’t work, brani che hanno toccato corde profonde. Lo stadio è ovviamente impazzito per la conclusiva Bitter sweet simphony: bella canzone, ma un po’ stucchevole per i miei gusti.
Arrivano i Gallagher!
Poco dopo le 20, sulle note di Fuckin’ in the bushes, prendono possesso del palco gli Oasis e attaccano la scaletta ufficiale del tour 2025. Una scaletta zeppa di canzoni di (What’s the story) Morning glory? (8), Definitely maybe (6) e di b-side di The masterplan (5), con due contributi da Be here now, il singolo Whatever e con la sola Little by little a rappresentare gli ultimi 4 album della band mancuniana.
Canzoni di miglior impatto live
Con mia sorpresa, Hello e Roll with it – due brani che considero minori, soprattutto il primo – hanno avuto un’ottima resa live, al limite dell’entusiasmante. La palma di miglior canzone della serata però se la contendono l’immarcescibile Don’t look back in anger e – colpo di scena! – Rock & roll star: nonostante l’esaltazione e il coinvolgimento di Don’t look, mi sento di eleggere Rock & roll star canzone della serata: dal vivo diventa un travolgente inno da stadio che libera una potenza che nessun altra canzone ha saputo raggiungere.
Nota di merito per Slide away, davvero una pregevole esecuzione, Stand by me e Cigarettes & alcohol, oltre che per le canzoni cantate da Noel: la mente del gruppo le ha interpretate in maniera impeccabile, come se non fossero passati 30 anni ma un giorno solo.

Le “delusioni” della serata
Delusioni è una parola grossa, ma devo ammettere che alcuni dei miei brani preferiti (a proposito: qui la mia top10) non hanno avuto la resa che mi aspettavo. Mi riferisco in particolare a Supersonic e D’you know what I mean, che non hanno brillato.
Un piccolo appunto lo faccio anche su The masterplan: le strofe velocizzate non mi hanno convinto.
Il miglior concerto degli Oasis?
Sì, senza dubbio. Gli Oasis di oggi dal vivo sono una band immensamente migliore di quella che erano allora.
Il motivo? Oggi ne hanno voglia. Salgono sul palco per divertirsi, fare i loro cavalli di battaglia e godersi folle oceaniche in visibilio. All’epoca erano solo dei bulletti bipolari e mezzi tossici che avevano avuto avuto la fortuna di scrivere una cinquantina di ottime canzoni, ma non sapevano né volevano gestire il loro “patrimonio”. Oggi ne sono consapevoli.
Ma c’è anche un altro aspetto da tenere in considerazione: forse dopo aver sperimentato carriere da solisti che, per quanto contengano episodi felici, sono pressoché anonime (si fossero chiamati Albert Smith nessuno li avrebbe degnati di un ascolto), hanno deciso di cavalcare la moda dei revival, moda nata anche grazie all’incapacità delle rock band contemporanee di produrre canzoni che abbiano un impatto generazionale paragonabile a quelle di Oasis, Blur, ecc.
Ma la scaletta della serata…
Già, la scaletta. Come dicevo in apertura, 21 delle 24 canzoni appartengono al biennio 1994-1995, nel quale uscirono i primi due album con relativi single ricchi di b-side e il singolo “natalizio” Whatever.
A coprire il periodo 1996-2009, quando uscirono ben 5 album, vi sono Stand by me, D’you know what I mean e Little by litte. Se da un lato non potevo pretendere più canzoni da Be here now – album che i fratelli Gallagher non hanno mai amato particolarmente – dall’altro spiace non aver potuto assaggiare qualche pezzo in più della seconda parte della carriera degli Oasis.
Mi riferisco a brani come Go let it out, Stop crying your heart out, The importance of being idle, I’m outta time, giusto per citare una canzone per album. Avrebbero figurato benissimo in scaletta, magari al posto di Bring it on down (che è pur sempre un ottimo pezzo), Fade away (probabilmente la canzone più banale della serata) e una Morning glory che non ho mai amato particolarmente.
Comunque è stata una signora scaletta, da 8 in pagella, che ha il fiore all’occhiello nei pezzi conclusivi. L’infilata The masterplan, Don’t look back in anger, Wonderwall e Champagne supernova sono la chiusura trionfale di un concerto che resterà nel cuore di tanti fan. Anche nel mio.
Wow, fico anche il contesto dublinese.
Gli Oasis credo di averli ascoltati dal 2000 in poi, al liceo, quindi già divisi, ma ho sempre apprezzato il loro sound, anche se il loro paragone altisonante con i Beatles o Gesù Cristo lo ritengo un po’ troppo esagerato… Soprattutto con la fama di Cristo…
Sinceramente conosco solo i singoli, gli album non li so collocare.
Bel riassunto cmq!
Gli Oasis è sicuramente la band che ho amato (e odiato) di più, perché l’ho vissuta pienamente. Tutto il marketing che c’è attorno alla band (litigi inclusi) lo trovo quasi fastidioso. Io mi sono concentrato molto sulla musica, i primi 3 anni sono stati gloriosi (come testimonia anche la qualità delle b-side, che ti consiglio di ascoltare). Finalmente anche live hanno reso come potevano e dovevano!