Al mio babbo, Sergio Savorani

14 Giu 2021 | Sul vivere | 3 commenti

Sergio Savorani con il nipotino Pietro

Caro babbo, te ne sei andato in un attimo, quasi per un’ultima gentilezza, per non disturbare. Fin dal primo istante che ho appreso la notizia sono stato travolto da una sconfinata gratitudine per tutto quello che sei stato per me: un babbo meravigliosamente imperfetto.

Come padre, non mi hai mai imposto nulla. Mi hai appoggiato in tutte le mie scelte, anche in quelle dove forse sarebbe stato meglio ricevere un bel NO chiaro e tondo. L’hai fatto perché tu eri così, sempre ottimista: vedevi il bene ovunque, mosso da una fede incrollabile nell’essere umano sostenuta da una fede ancor più profonda, silenziosa ma operosa, nel buon Dio.

Vedevi negli altri una irriducibile possibilità di bene

e investivi la tua vita per contribuire a compierla. La vedevi anche in me, per questo mi hai lasciato libero di sbagliare, e io ho sbagliato eccome, ma non me l’hai mai fatto pesare.

Se da un lato avevi la certezza che sarebbe andato tutto bene, dall’altro ti lasciavi travolgere dalla gioia per ogni lieto evento, accogliendolo per quello che in effetti è: un dono grandioso. In tanti in questi giorni mi hanno ricordato la tua felicità il giorno del mio matrimonio, perché quando eri felice si vedeva bene! E così anche alla mia laurea, o quando ho trovato lavoro. Ma queste sono state piccole gioie in confronto all’arrivo del tuo nipotino Pietro. Tra di voi è nata subito una simpatia spontanea che trascendeva i 77 anni di differenza, generando una sequela infinita di sorrisi. Pietro è stato il culmine del tuo centuplo quaggiù.

Ringraziavi sempre

anche quando eri tu a fare un piacere a qualcun altro. Questa gratitudine non è mai stata di facciata, ma sincera, ed è esplosa con l’arrivo di Pietro. Vivevi la vita come un miracolo quotidiano e anche un fatto straordinario eppure “banale” come avere un nipotino – dopotutto funziona così da millenni: senza nipotini l’umanità si sarebbe già estinta! – per te era un miracolo. Ovviamente, avevi ragione tu.

sergio savorani col nipotino

Ti sei impegnato tutta la vita per creare una società migliore

donando te stesso in maniera incondizionata. L’impegno sportivo con i ragazzi della Vallesenio, che accompagnavi alle gare di atletica in tutta la regione e forse anche oltre, riecheggia ogni tanto nelle parole di quei ragazzi, ora sessantenni, che mi chiedono “tu sei il figlio di Sergio Savorani?” e subito piegano le labbra in un sorriso. E poi la Pro Loco di Borgo Rivola, che contribuisti a fondare, e ha dato un nuovo impulso alla vita del paese.

Il tuo impegno in parrocchia,

forse il più costante e determinante della tua vita, ha reso leggendarie le infanzie di tante persone che, dalle elementari alle medie, hanno partecipato alle recite di Natale. Ogni anno ti inventavi una storia diversa per radunarci tutti assieme, farci sorridere delle nostre contraddizioni e riflettere sul mistero di Gesù bambino. Scrivevi una recita per costruire una comunità. Allo stesso modo ti sei speso per l’esperienza degli scout a Borgo Rivola e, successivamente e “per sempre”, di Comunione e Liberazione a Riolo Terme.

Hai scritto tantissimo, per tutti:

biglietti di auguri, lettere, zirudele (componimenti dialettali umoristici in rima), sermoni per i bimbi, commiati per colleghi pensionati, articoli di giornale, interi giornalini (l’Eco di Borgo Rivola lo inventasti tu), brevi biografie o ricordi dei defunti, libri sulla storia di Borgo Rivola (Il gioco del pallone a Borgo Rivola e La chiesa della Costa), racconti di narrativa che ho scovato qui e là, per caso, perché tu mica lo dicevi che li avevi scritti.

La tua penna è sempre stata al servizio di qualcuno, anzi, di qualcosa: della bellezza della realtà. Volevi restituirla a più persone possibili e lo facevi nel modo più plateale, con la scrittura, e più umile, nascondendoti. Non volevi apparire, timido e umile quanto un uomo può essere timido e umile (sulle copertine dei tuoi libri non compariva nemmeno il tuo nome). Ma la ragione era un’altra: restavi sempre dietro le quinte perché la testimonianza che portavi doveva venire prima di te.

Per la tua famiglia

ci sei sempre stato, pur in mezzo a un turbinio di impegni. D’altronde, tutto quello che hai fatto, l’hai fatto per noi, forse soprattutto per me. Quando ero piccolo, ricordo bene le tue mancanze, i tuoi errori: non sei nato “bello” come sei morto. Il tuo è stato un cammino di purificazione, hai imparato quella semplicità che ti ha condotto a incarnare l’inno alla carità di San Paolo:

La carità è paziente, è benigna la carità; la carità non invidia, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, ma si compiace della verità; tutto tollera, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.

Prima lettera ai Corinzi

Tu per noi sei stato questa carità.

sergio e pietro camminano insieme

Per concludere,

mi sento in dovere di tornare sulla positività ultima e insopprimibile che animava la tua vita. Molti ti vedevano come un uomo onesto, allegro, sorridente, sempre pronto alla battuta, eppure non ti sono state risparmiate le sofferenze, e non poche, a partire dal primo figlio nato e subito morto in circostanze drammatiche. Cos’era dunque che ti rendeva capace di vivere così? Una certezza, una sola ma ben radicata: tutto è dato, tutto ha un senso, tutto è per un destino buono, perché Gesù è nato e risorto per noi.

Questa positività l’hai trasmessa anche a me, in maniera insospettabile e invisibile ai più. Nelle piccole disavventure quotidiane emerge il mio cinismo di facciata, ma ogni sfiga, anche la più grande, non mi fa dimenticare l’amore di Dio che mi accompagna ogni giorno. E così, caro babbo, devo proprio ammetterlo: non ho provato dolore per la tua scomparsa improvvisa. Mi fa strano dirlo, eppure, se ci penso un attimo, mi sembra davvero insensato piangere una persona come te, che è stata felice fino all’ultimo perché ha donato la sua vita per la giusta causa. Qualche lacrima l’ho versata, ma per la commozione di constatare come la positività che hai messo in quello che facevi è ancora viva in coloro che l’hanno sperimentata, anche a distanza di molti anni.

Ora, caro babbo, sei nel Paradiso coi santi.

Lì, insieme a tutti i tuoi cari, potrai abbracciare finalmente due personaggi che tanto ti hanno colpito con la loro arte e la loro vita: l’intellettuale Alfredo Oriani e il prete compositore Lorenzo Perosi. Eri innamorato dell’arte e del sacro, e pazienza se sacro e profano spesso si mescolavano: ciò che è sacro lo è ovunque, e tu sapevi sempre vederlo.

Dovrei salutarti, ma proprio non ci riesco. Non ti ho mai sentito così vicino.

Sergio Savorani allo stadio di Bologna
mio babbo allo stadio nel 2018 per la prima volta, a vedere il suo amato Bologna

3 Commenti

  1. Arcangelo

    Prima di leggere, Martino, (che non conosco) pensavo di conoscere Sergio che avevo incrociato tanto volte ai tempi in cui lavorava alla Galeati. Dal ritratto che hai dipinto, emergono due grandezze: la tua e quella di tuo padre. Grazie e complimenti.

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  2. Antonella mazzanti

    Grazie Martino per queste parole che mi fanno intravvedere tutta la bellezza della personalita’ del tuo babbo.
    Ecco da dove vengono i valori che hai tu.
    Ti ringrazio veramente di questa riflessione che mi commuove.

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  3. Cristina

    Che bella testimonianza d’Amore e di fede.
    Grazie a Martino per averla saputa comprendere e condividere e a Sergio per averla vissuta.
    Cristina

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