Oz Perkins evidentemente qualche ricordo di infanzia deve averlo conservato per riversarlo in questo Longlegs, che dirige questo film dopo una serie di prove non certo esaltanti, anche se February – L’innocenza del male era un film discreto, seppur non indimenticabile.
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Longlegs presenta una storia che mi ricorda moltissimo quella del Silenzio degli innocenti, per tanti motivi è una sorta di Silenzio degli innocenti in versione horror. Non che Il silenzio degli innocenti sia una commedia da ridere, però qui si punta molto più sull’inquietudine e anche su altri aspetti, come un epilogo che non vi svelo assolutamente per non rovinarvi la sorpresa, ma davvero credo che nessuno avesse fatto quell’ipotesi per chiudere il film.

Perkins riesce a costruire il film attraverso una serie di inquadrature che, anche se non saranno niente di rivoluzionario, sono comunque molto efficaci per dare un senso di stranità, di pericolo dietro l’angolo, di un insondabile mistero che sta minacciando la vita. La vita di chi? Beh, innanzitutto dell’agente dell’FBI Lee Harker, interpretato da Maika Monroe: è un’agente che ha un che di algido, di distaccato e forse anche di problematico a livello caratteriale. Indaga su Longlegs, questo misterioso omicida che, non si sa bene come, riesce a spingere i padri di famiglia a sterminare la propria famiglia a ridosso del compleanno della figlia o del figlio che compie gli anni precisamente il 14 del mese. L’FBI sta seguendo questa traccia che è semplicemente assurda: come mai dei padri impazziscono proprio a ridosso del compleanno del figlio? Perché la figlia deve avere per forza il compleanno il 14 di quel mese?

Nel finale si svela il mistero ed è allora che Longlegs sembra sul punto di andare in vacca, come tanti horror moderni che arrivano al gran finale e risolvono tutto o con una porcheria, come in L’esorcista – Il credente, o con una scelta “autoriale” di poco impatto orrorifico – vedesi Hereditary – o addirittura con un finale ridicolo, come è capitato al pur ottimo Smile (mi riferisco al primo capitolo).

E Oz Perkins come la risolve? Con un finale ad effetto che spiazza lo spettatore e rischia, appunto, di mandare in vacca il film, ma poi lo riprende per i capelli grazie a un paio di scene raggelanti che ci lasciano con un senso di inquietudine perenne che ci segue fino a casa, nel letto.

Non sarà una pietra miliare del genere, però Longlegs ci lascia quel sapore di minaccia latente, di pericolo nascosto, di impossibilità di eliminare definitivamente il male che ha un retrogusto molto amaro; dopotutto cerchiamo anche questo in un film horror.
Ce ne fossero, ce ne fossero di horror che sanno ancora come turbare lo spettatore come riesce a fare Longlegs! Anche se il film si sviluppa su una tematica non nuova e prende molti spunti da capolavori del passato, non rischia mai di scadere nel semplice citazionismo o rendere un mero omaggio alle grandi pellicole a cui si ispira, perché mantiene alta la tensione e turba lo spettatore fino all’ultimo fotogramma. Quando un horror riesce a fare questo e al contempo a raccontare una storia che funziona e affascina – un mistero da risolvere ha sempre il suo fascino – allora si può dire che la missione è compiuta.

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